Sanremo, al via il festival sovranista. “Ma qui non si parla di politica”

alberto mattioli inviato a sanremo

La scenografia, almeno, mette tutti d’accordo. Ogni anno, l’Ariston sembra molto più ampio di quanto non sia. Per il Baglioni bis, però, in aggiunta ai soliti rutilanti effetti di luce ci sono anche le prime tre file di platea che si muovono e si aprono nel mezzo, tipo Mar Rosso. Solo che stavolta Mosè si chiama Claudio.

Per il resto, la prima conferenza stampa del Sanremone è scivolata via nel consolidato stile Rai, troncare e sopire, perché i regimi cambiano ma la tivù di Stato no. Adesso che sono servite ad aguzzare l’interesse e a ingannare l’attesa, il Festival cerca di dimenticare le polemiche e tornare a essere quella Davos della futilità che la maggioranza ama vedere e la minoranza adora detestare. In conferenza stampa è toccato alla direttrice di Rai 1, Teresa De Santis (una carriera arcitaliana, la sua, dal Manifesto alla Rai grilloleghista), iniziare una excusatio non petita sul tema che teneva ancora banco nella vigilia del dì di festa: il conflitto d’interessi di Baglioni e il cast pieno di amici del suo amico e manager, Ferdinando Salzano. «La nostra produzione musicale e culturale vive anche di contiguità: attraverso rapporti amicali si possono ottenere artisti che altrimenti non si sarebbero avuti», assicura De Santis che riceve anche un mazzo di rose da Baglioni per far pace dopo screzi che in realtà, giurano, «non ci sono mai stati».

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