I troppi segnali che fanno temere un’Italia più isolata
È un tema che incrocia quello dell’immigrazione; e che permette a Mattarella di ricordare anche all’Unione europea una linea meno oscillante e prona ai nazionalismi di quanto sia avvenuto finora. Troppi segnali indicano il pericolo concreto di una marginalizzazione progressiva, favorita dall’atteggiamento della maggioranza giallo-verde. Un’ideologia che mescola terzomondismo e assistenzialismo, le esigenze di sicurezza che diventano xenofobia, i rinvii sulle grandi opere accelerano questo isolamento.
E hanno un costo non solo politico ma finanziario. L’incapacità di esprimere una linea univoca sulla Tav (Treni ad alta velocità), con Cinque Stelle e Lega sempre agli antipodi, non è solo un elemento di incertezza. Sta diventando qualcosa di più e di peggio, che farà perdere tempo e soldi. Il movimento del vicepremier Luigi Di Maio avverte che, finché rimarrà al governo, la Tav non si farà. Il suo omologo leghista, Matteo Salvini, afferma il contrario. E intanto si rinvia, contando di arrivare alle Europee.
Poco importa se la maggioranza pensa davvero a uno scambio tra «no» alla Tav e «no» all’autorizzazione a procedere contro Salvini sulla storiaccia dei migranti tenuti in mare per giorni. Il problema è che ieri la Commissione Ue ha spedito un avvertimento inequivocabile al governo: qualora ci fossero ulteriori ritardi, non esclude di farsi ridare dall’Italia i fondi già versati per la Tav. Possono essere destinati «al finanziamento di altri progetti», che non riguardano più il nostro Paese, fa sapere Bruxelles. È uno dei tanti costi non dichiarati ma pesanti di un «contratto di governo» sempre in bilico.
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