Trump tende la mano ai democratici ma conferma il muro con il Messico
Muri e immigrazione
Quando si è trattato di passare alle proposte concrete per il futuro, però, è tornato sui temi abituali: «I muri funzionano. Io costruirò quello che ho promesso di fare». Ha detto che magari non sarà di cemento e non coprirà tutte le duemila miglia del confine, ma ha ribadito che lo farà perché l’immigrazione illegale «è una crisi nazionale». Anche se non ha ancora dichiarato l’emergenza nazionale, che potrebbe scattare il 15 febbraio, quando finiranno i soldi stanziati per mettere fine alla serrata delle settimane scorse.
Sulla politica estera ha ribadito che l’avversario più pericoloso è l’Iran, mentre lui intende chiudere gli interventi in Afghanistan e Siria, perché «un grande paese non combatte guerre infinite». Quindi ha rivelato che il 27 e 28 febbraio tornerà ad incontrare il leader nordcoreano Kim in Vietnam, per cercare di avviare davvero il disarmo nucleare.
Attacco ai democratici
Forse Trump ha cambiato tono perché ormai la campagna per le presidenziali del 2020 è cominciata, e lui vuole presentarsi come un leader di successo e ragionevole che chiede la conferma. Infatti la maggioranza dei telespettatori ha apprezzato l’approccio del discorso. Per questa stessa ragione ha attaccato i nuovo eletti democratici come la giovane Alexandria Ocasio-Cortez, che propone politiche socialiste, proprio per dipingere invece i suoi avversari come pericolosi estremisti. Da stamattina, però, la sostanza tornerà a prevalere sulla forma e sulla retorica dei discorsi, e il capo della Casa Bianca dovrà dimostrare nei fatti in cosa consiste questo nuovo corso della mano tesa, se davvero esiste.
LA STAMPA
Pages: 1 2