I timori dellʼFmi sullʼItalia: “Recessione possibile e rischio contagio globale”
Il reddito di cittadinanza, scrive l’Fmi, è un passo nella giusta direzione ma prevede benefit “molto alti”, soprattutto “al Sud dove il costo della vita è più basso”: per questo rischia di essere un “disincentivo al lavoro” o di creare “dipendenza dal welfare”. Nel testo si sottolinea che, anche sei i benefit previsti hanno nel mirino i più poveri, il reddito penalizza le famiglie più numerose. La sua attuazione e i controlli sono “essenziali”.
I timori sulla strategia del governo – Nel documento il Fondo spiega che “l’enfasi del governo sulla crescita e l’inclusione sociale sono benvenute. Le autorità hanno ereditato problemi difficili e di vecchia data”, si sottolinea, evidenziando però i timori per la possibilità “che la strategia del governo non sia all’altezza delle ampie riforme necessarie” all’Italia. “Lo staff” dell’Fmi “è preoccupato” dal fatto che le politiche del governo “rischiano di lasciare l’Italia vulnerabile a una nuova perdita di fiducia del mercato anche in assenza di ulteriori shock”.
Crescita sotto l’1% per almeno 5 anni – Il Fondo stima una crescita sotto l’1% per i prossimi 5 anni. Se per quest’anno e il 2020, come già comunicato, le previsioni vedono una crescita del Pil italiano rispettivamente dello 0,6% e 0,9%, per il 2021 la stima è dello 0,7%, mentre per il 2022 e 2023 del +0,6%. Il deficit previsto è al 2,1% del Pil nel 2019 e vicino al 2,9% nel 2020. Salirà al 3% nel 2021 e si fermerà a tale livello fino al 2023.
Emigrazione, povertà e pensioni – L’Fmi lancia poi l’allarme su emigrazione e povertà. Oltre il 20% delle famiglie è a rischio povertà e l’emigrazione dei cittadini italiani è vicino ai massimi degli ultimi cinquanta anni. Il rapporto sottolinea che gli standard di vita delle generazioni più giovani si sono erosi, poi affronta il capitolo pensioni, spiegando che con Quota 100 le regole per il pensionamento sono state “allentate notevolmente e questo potrebbe aumentare il numero dei pensionati, ridurre la partecipazione al mercato del lavoro e la crescita potenziale, e aumentare i già elevati costi pensionistici”.
TGCOM
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