Caso Diciotti, tutti i buchi della memoria di Salvini

Non c’è nessuna argomentazione nuova, in grado di capovolgere le accuse del Tribunale del Ministri a Matteo Salvini, nella sua relazione una e trina depositata in giunta, con premier e vicepremier che, nei due allegati corrono in soccorso, per fornire al ministro dell’Interno uno scudo giudiziario. Per fuggire dal “processo” e non “difendersi nel processo”. Non c’è perché la difesa sovranista è quanto di più vecchio si sia visto nelle Aule del Parlamento. Tutta politica, più che di merito. Col ministro dell’Interno che chiama in correità l’intero governo sulla vicenda della Diciotti e l’intero governo corre a dare copertura politica. Questa è l’impostazione. Tesa a dimostrare non l’assenza del gesto, su cui pende l’accusa di sequestro di persona, ma che quel gesto è “coerente” con la politica del governo.

È questo il cuore della memoria depositata dal ministro dell’Interno alla Giunta per le autorizzazioni: “Emerge chiaramente come proprio sulla vicenda Diciotti si è in presenza di un’iniziativa del governo italiano”. Una iniziativa “coerente con la politica dello Stato sui flussi migratori peraltro risultante anche dal contratto di governo che non può essere svilita come mera presa di posizione politica avulsa dal contesto generale delle strategie governative”. Prova di questa coerenza sono, appunto, i due documenti, allegati alla memoria, firmati dal premier Giuseppe Conte (il primo), da Luigi Di Maio e dal ministro dei Trasporti Toninelli (il secondo), sulla cui ammissibilità ci sarebbe molto da discutere. Ma a chiudere il dibattito – anche questa è politica – ci ha pensato d’imperio il presidente della Giunta Maurizio Gasparri, fino a poco fa, per i Cinque Stelle, l’uomo nero che blindò per legge il conflitto di interesse di Berlusconi. Adesso è utile pure il suo “garantismo” per salvare Salvini.

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