Bombe carta e paura, gli anarchici scatenano la guerriglia a Torino

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Bruciano i cassonetti non lontano dal centro. Si sgretolano le vetrate. Nel sabato dello shopping, quando la movida sta per iniziare, quando le famiglie stanno ancora passeggiando davanti alle vetrine, esplode la follia di chi, vestito di nero, con i caschi e le maschere sul viso, vuol vendicarsi di un «sopruso» che sopruso non è. La Polizia ha chiuso L’Asilo, storica casa del mondo anarchico torinese. Lo ha fatto dopo 25 anni. E dopo che la Digos ha arrestato sei persone sospettate di 23 attentati commessi in giro per l’Italia. Buste esplosive, essenzialmente. E la base dove tutto veniva organizzato era proprio l’Asilo di via Alessandria: due piani, un vecchio edificio di una certa bellezza. È per questo che è nata la vendetta. Il sabato di delirio in centro.

Erano partiti in poco più di mille: destinazione non ufficiale era andare a riprendersi l’Asilo. I duri e puri dell’anarchia indigena e gli amici arrivati da fuori. Dal Veneto, da Milano e da altre zone. E poi la terra di mezzo di gente solidale, ma non anarchica. Solidali per lo sgombero, come i pochi del centro sociale più politico del nord Italia, Askatasuna. È finita come raccontano le immagini di questa giornata. Strade bloccate, ovunque cassonetti in fiamme. E il fiume Dora che fa da spartiacque: sui ponti non si passa perché dall’altra parte sarebbe fin troppo facile arrivare attraverso mille strade all’Asilo.

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