Soldi, formazione, orari: ecco cosa lega (o fa scappare) gli italiani al posto di lavoro

di RAFFAELE RICCIARDI

Lo stipendio resta una ragione fondamentale per cambiare lavoro, ma ci sono anche altre leve che le aziende possono attivare per attirare i migliori talenti. Anche perché, in un panorama di grande insoddisfazione circa le buste paga, i responsabili delle risorse umane possono andare a toccare altri tasti.

E’ un approfondimento contenuto nel rapporto Salary Satisfaction dell’Osservatorio JobPricing, del quale Repubblica.it ha pubblicato la prima parte relativa alla pagella degli italiani al proprio pacchetto retributivo, a fare chiarezza su quali siano i motivi per cambiare lavoro o non cambiarlo, aggiungendo la riflessione su quali sono i ‘benefit’ che si vorrebbero ricevere rinunciando addirittura a una mensilità di stipendio.

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I fattori più importanti per cambiare lavoro

Alla richiesta di indicare tre elementi per i quali cambierebbero il posto di lavoro, gli italiani indicano che la retribuzione fissa resta il fattore decisivo: viene indicato in sette casi su dieci. Ed è un parametro che ‘pesa’ alla stessa maniera per tutti, dai dirigenti fino agli impiegati. Cambia un poco il discorso quando si parla di parte variabile dello stipendio, tema al quale risultano più sensibili (anche perché vi sono più avvezzi) gli inquadramenti più elevati: è importante per più di quattro quadri o dirigenti su dieci, si scende sotto i tre su dieci per gli operai.

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