Strasburgo processa Conte: “Burattino”. E lui si sfoga: parafulmine dei miei vice
Il fronte è trasversale. Cominciano i leader dei gruppi maggiori. Manfred Weber, dei popolari europei candidato a presidente della Commissione Ue, Udo Bullmann dei socialisti, Verhostadt dell’Alde. Gli rinfacciano un’economia stagnante, il debito alto. «L’Italia – dice Weber – è il Paese che cresce meno in Europa e il cui governo non riesce a mettersi d’accordo nemmeno su un progetto già approvato come la Tav». E ancora: «Sul Venezuela Guaidó ha inviato una lettera agli italiani, vi ha chiesto di riconoscerlo. E io penso che se dite che debba esserci un approccio comune europeo dovete rispondergli». Il socialista Udo Bullmann insiste sullo scontro con la Francia («un’escalation che rattrista») e torna sui migranti: «Dovete smetterla di mostrarci questo volto disumano. Non è questa l’Italia di Altero Spinelli. Chi non vi aiuta sui migranti sono gli amici di Salvini: Orban, Kaczyski e Kurz».
Ma è Verhostadt il più impietoso: «Sul Venezuela non state permettendo all’Ue di avere una posizione unitaria sotto pressione di Putin e del Cremlino». Il leader dei liberali sceglie l’italiano per elencare tutti i punti dolenti dell’Italia gialloverde e arrivare alla stoccata finale: «Per quanto tempo resterà un burattino nelle mani di Conte e di Salvini?».
Ci sono due Conte che si alzano dalla sedia, nelle due repliche che ha a disposizione. Il primo è calmo, il moderato che l’Italia conosce, che evita di personalizzare lo scontro. Ma a ogni attacco la mascella si serra, il premier comincia a muoversi nervosamente, mentre gli passano dei fogli. Fa di no con il dito e quasi salta dalla sedia quando gli dicono che lui invita alla calma mentre in Venezuela c’è chi muore di fame, che sta lasciando morire i bambini in mare o che Aldo Moro, da lui citato, «non avrebbe abbandonato i migranti nel Mediterraneo». «Hanno esagerato…» si sfogherà dopo. Ferito, solo al secondo intervento risponde a Verhostadt: «Io non sono un burattino e lei ha offeso tutto il popolo italiano», mentre da Roma corre in suo soccorso Salvini: «Vergognoso che alcuni burocrati europei si permettano di insultare il presidente del Consiglio italiano. Le élite europee preparino gli scatoloni».
Intanto, sul finale le reazioni di Conte si affilano, si fanno più politiche. A Lara Comi, di Forza Italia, che lo inchioda al fuorionda di Davos con Angela Merkel ricorda gli «apprezzamenti» di Berlusconi alla cancelliera (la definì «culona»); al Pd di aver perso l’occasione di dare una sede italiana all’Ema (Agenzia europea per i medicinali). Gli europarlamentari dem, infuriati, vorrebbero disertare l’incontro successivo all’aula, tra i deputati italiani e il premier. Alla fine ci vanno in pochi. Conte resta con leghisti e grillini. Qualche selfie di conforto prima di andar via. All’uscita gli chiedono se l’Italia è definitivamente isolata: «Ma no – risponde – è stata solo dialettica politica»
LA STAMPA
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