La legge del vincitore
di RAFFAELE MARMO
l film-finzione del «non è successo niente» dura meno di 24 ore. In realtà, sia Matteo Salvini sia Luigi Di Maio sanno bene che il test dell’Abruzzo incide e pesa sugli equilibri di governo e sul destino dei più delicati dossier al centro delle mille contese tra grillini e leghisti. La politica ha leggi ferree che neanche la creatività populista-sovranista può modificare: chi vince detta legge e chi soccombe in qualche modo ci deve stare. Dunque, c’è poco da sorprendersi che, il giorno dopo il trionfo del Carroccio e il tracollo dei 5 Stelle in Abruzzo, i leghisti vadano letteralmente all’assalto del reddito di cittadinanza, facciano la voce grossa sulla Tav e puntino dritti a portare a casa il pacchetto dell’autonomia. Come dire che a parole il leader lumbard rassicura e consola l’alleato, ma nei fatti non perde l’occasione per passare all’incasso. E lo fa scientificamente su tre partite che, per un verso o per l’altro, sono tre bandiere opposte di entrambi i partiti formalmente al governo insieme.
Il punto è che, come sovente accade in queste circostanze, se la vittoria produce forza e consenso e spinge a accelerare nella direzione considerata più conveniente, la sconfitta, al contrario, conduce all’avvitamento e all’implosione.
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