Paura di perdere il tesoretto Inps
Alla scadenza del mandato di Tito Boeri mancano poche ore. Sabato è tempo di scatoloni per il presidente uscente. Un nome per sostituirlo ancora non c’è. Sono almeno tre settimane che gli uomini delegati da Salvini e Luigi Di Maio provano a trovare la quadra e fino a giovedì sera un punto di caduta comune c’era: nominare un commissario che poi sarebbe diventato automaticamente presidente a metà marzo, quando entreranno in vigore le norme del decretone che reintroducono il consiglio di amministrazione con cinque poltrone in tutto. Uno schema, quindi, che prefigurava una scelta definitiva. Ma quando intorno all’ora di pranzo è partito un tam tam di notizie su un accordo politico con Mauro Nori, ex direttore generale dell’Inps, nel ruolo di presidente e Pasquale Tridico, il papà del reddito di cittadinanza e fedelissimo del vicepremier grillino, a ricoprire l’incarico di vicepresidente, questo schema è saltato. Mancava il nome a dare sostanza e di conseguenza, per volontà dei 5 stelle, dato che sul nome di Tridico la Lega ha detto di nuovo no, a smontarsi è stato l’intero impianto.
Ci sarà un commissario traghettatore, spiega chi ha avuto modo di sondare il nuovo orientamento in casa grillina: guiderà lui l’Inps fino a quando arriverà il cda, comprensivo di presidente. È la presa di consapevolezza dello stallo, che implica come unica exit strategy il riprovarci tra qualche settimana, magari con un peso differente rispetto al coinquilino di governo galvanizzato dal successo elettorale in Abruzzo e sugli scudi per portare a casa il disegno sulle Autonomie.
Anche nelle ultime ore, la delegazione pentastellata, capeggiata da Stefano Buffagni, ha insistito sul nome di Tridico. È un nome a cui I 5 stelle non vogliono rinunciare soprattutto perché il consigliere di Di Maio è considerato la blindatura più sicura per proteggere il meccanismo fragile del reddito di cittadinanza. L’Inps, infatti, è un anello importante della lunga catena di soggetti ed enti che gestiscono l’erogazione del sussidio. La Lega ha però ribadito il suo no su Tridico. Perché l’Inps non fa gola solamente a Di Maio e ai suoi. Salvini lo sa bene: nelle stanze dell’Istituto previdenziale si deve lavorare, e in modo deciso, per rendere fluida la macchina di quota 100. Più in generale il tema delle pensioni è un cavallo di battaglia dello stesso leader leghista. Non è un caso che il Carroccio abbia spinto per Nori, l’uomo che all’Inps non ha esitato a mettere in mostra il bubbone insito nella riforma Fornero del 2011, quello degli esodati. Rappresenterebbe, quindi, un punto di raccordo importante per la narrazione salviniana che da tempo punta a smontare la riforma dell’ex ministra del Lavoro, virando prima su quota 100 e in prospettiva sulla più ambiziosa quota 41.
Tridico da una parte, Nori dall’altra. Perché non un tandem nella forma presidente affiancato dal vicepresidente? In casa 5 stelle, spiegano alcune fonti a Huffpost, questo impianto di mediazione non è stato ritenuto assolutamente “idoneo” innanzitutto per l’assetto stesso che si vuole dare all’Inps con il presidente affiancato da quattro consiglieri. Il ruolo di vicepresidente, in altre parole, viene visto come una sorta di consigliere potenziato, nulla di più. La presidenza è altra cosa. Altri poteri, seppure ridimensionati rispetto allo schema del criticato “uomo solo al comando”. Soprattutto altro peso politico. Ritorna lo spauracchio Consob perché alla fine la Lega ha incassato la presidenza con Savona mentre ai 5 stelle è rimasta una magra consolazione (tra l’altro legata a un accordo politico perché la nomina spetta agli organi dell’Authority) e cioè Minenna come segretario generale. È proprio partendo da questa consapevolezza, dalla necessità di non soccombere nuovamente, che I 5 stelle negli ultimi giorni hanno provato a ribaltare la prospettiva, proponendo loro alla Lega una spartizione che potesse acconentare tutti: la presidenza Inps al Movimento, quella dell’Inail al Carroccio. Gli uomini vicini a Salvini, però, hanno detto un altro no, motivando il diniego con il peso politico inferiore che l’Istituto contro gli infortuni sul lavoro ha rispetto all’Inps. E così è ripresa la melina delle ultime ore.
L’avvicinarsi della scadenza ha rianimato I due fronti, decisi a non cedere l’uno rispetto all’altro. I 5 stelle hanno forzato la mano, mettendo sul piatto la strada del commissario traghettatore. Un’ipotesi che il Carroccio, però, ha mal digerito. Fonti leghiste si sono affrettate a confermare che non c’è un accordo con I pentastellati, ma che si continua a lavorare per una soluzione “veloce”, nei prossimi giorni. Il tempo è una variabile che divide il governo. Più che mai decisiva per assegnare una poltrona a cui nessuno vuole rinunciare.
L’HUFFPOST
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