Il destino di Cdp, Tim e l’inganno del “territorio”
Il giorno di San Valentino, ognuno si fa male come vuole, ho letto una «bombastica» intervista realizzata a Fabrizio Palermo sul Sole24Ore.
Pochi si ricorderanno di una zuppetta di un po’ di mesi fa in cui sostenevo l’ottima scelta fatta dal governo nel prendere il banchiere e piazzarlo alla guida della Cassa depositi e prestiti. Mai giudizio fu più affrettato. L’intervista, cari commensali, era imbarazzante. Una supercazzola, ma di quelle che neanche al conte Mascetti in gran forma sarebbe riuscita. È come chiedere ad un conduttore di sinistra, antisalviniamo, pro-immigrati, di condurre una puntata di Popolo sovrano, o come si chiama il programma di Raidue, inventato da quel genio di Carlo Freccero. Insomma leggi Palermo e ti ricordi del Gabibbo: nel senso di quello che incrociava Cuccia che per minuti e minuti non rispondeva. Andiamo al dunque. Cosa può dire un signore che controlla Eni, Snam, fincantieri, Poste e praticamente una buona fetta di quel che è rimasto dell’industria pubblica italiana? «In tre anni Cdp diventerà partner strategico di 60mila Pmi». Ma davvero? La grande cassaforte delle partecipazioni pubbliche si «popolarizza».
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