Francia, bandiera e inno a scuola Ma il patriottismo non si impone
Va da sé che una scelta simile sarebbe molto più problematica da noi, dove lo Stato è meno forte, meno sentito, e dove scoppierebbero dibattiti e contese di campanile interminabili. Perché la bandiera nazionale, e non anche quella regionale, provinciale, comunale, rionale? Perché la bandiera europea? Ignorando che si tratta di un obbligo di legge. E poi, suvvia, «Le porga la chioma, che schiava di Roma»? «Stringiamoci a coorte»? «Siam pronti alla morte»?
Si godano dunque la loro bandiera e il loro inno, i piccoli francesi. Invece provoca un sussulto con brivido l’altra decisione che il Parlamento di Parigi sta per prendere sulla pelle sugli enfants de la Patrie: vogliono introdurre l’obbligo scolastico a partire dai tre anni, inglobando la scuola materna nelle elementari. Qui non si tratta più di orgoglio nazionale, nazionalismo, statalismo, bensì di statolatria, imposizione, presa di possesso.
Le scuole materne ci devono essere, perché spesso indispensabili alle famiglie dove entrambi i genitori lavorano, ma renderle obbligatorie olezza come quegli eccessi della rivoluzione francese (quella del 1789) per cui i figli dovevano essere una proprietà pubblica, sottratti ai genitori per farne dei bravi cittadini secondo principi opinabili. A tre anni, a quattro, a cinque, non si è tenuti a diventare bravi cittadini, si ha il semplice diritto di essere il più possibile felici e di ottenere il massimo di affetto. Allons bébés de la Patrie un corno, les jours de gloire, un fico secco: come il gesuitico «datemi un bambino nei primi sette anni di vita e io vi mostrerò l’uomo».
IL GIORNALE
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