La Lega punta a far risorgere le Province
Su una simile lunghezza d’onda, nonostante la militanza nel Pd, è il presidente uscente dell’Unione province Achille Variati, ora sostituito da Michele De Pascale: “Non si tratta di tornare al passato ma di fare delle Province il motore dello sviluppo locale, l’ente della programmazione strategica territoriale e di restituirle l’elezione diretta”.
Ma per rimettere in piedi decine di strutture finite spesso in stato comatoso e riavvicinarle alle esigenze dei territori il cammino è ancora disseminato di ostacoli. E quelli politici sono solo una parte. Nei territori provinciali opera in realtà una miriade di enti, consorzi e società che avrebbero bisogno di una radicale razionalizzazione, a cominciare da quella cura dimagrante che la riforma Madia aveva avviato e che questo governo ha bruscamente interrotto.
Questa pletora di organismi, secondo l’Upi, andrebbe assorbita dalle Province. Vediamola: ci sono 87 “Ato rifiuti” e 69 “Ato acqua”, ossia Ambiti territoriali ottimali, individuati dalle Regioni. Si contano poi 48 Autorità di bacino, organismi costituiti tra Stato e Regioni e operanti sui bacini idrografici. Seguono 150 Consorzi di bonifica, con competenze sulle opere di sicurezza idraulica e di irrigazione. E non è finita, perché tra partecipate e consorzi vari si aggiungono altri 3 mila organismi.
Tutte strutture che invece di essere drasticamente sfoltite, hanno
ricevuto dal governo gialloverde la garanzia di sopravvivere almeno fino
al 2021. La legge di bilancio dà infatti alle amministrazioni la
possibilità di rinviare di due anni la chiusura delle società prive di
interesse generale e con amministratori più numerosi dei dipendenti,
purché in utile tra il 2014 e il 2016. Il rischio, insomma, è che
intorno alle nuove Province resti quella rete autoreferenziale di
poltronifici dotati di poteri di veto che a tutto è servita meno che a
offrire servizi ai cittadini.
Caos Province, esuberi in bilico. Regioni ancora inadempienti
di ROBERTO MANIA
C’è poi un altro rischio che potrebbe minare l’efficienza amministrativa
nei territori provinciali. Una delle funzioni delle Province dovrebbe
essere quella di fare da stazione appaltante ai Comuni più piccoli. La
legge di bilancio aveva inizialmente previsto l’obbligo per i Comuni di
ricorrere alla Stazione Unica Appaltante creata finora da 50 Province.
Province, 2mila dipendenti pubblici da ricollocare
Ma poi la norma è stata cancellata ed è rimasta solo la facoltà di adesione. Così a poter appaltare i lavori pubblici continueranno ad essere circa 30 mila soggetti. Un’occasione persa.
REP.IT
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