Elezioni europee, sondaggi: volano i sovranisti di Salvini, niente maggioranza Ppe-Pse
A
livello continentale, secondo i sondaggi di febbraio il Partito
popolare europeo (Ppe) si confermerà primo gruppo a Strasburgo, anche se
in picchiata rispetto al 2014: il centrodestra tradizionale (per
l’Italia Forza Italia) passerà da 217 seggi a 183. Stessa sorte per i
Socialisti e democratici (Pse, la casa Ue del Pd): i suoi eletti dai 186
di 5 anni fa passeranno a 135. Insieme Ppe e Pse per la prima volta non
avranno la maggioranza per governare l’aula. Al momento l’unico schema
che darebbe abbastanza seggi per farlo prevede l’alleanza dei due grandi
partiti del Novecento ai liberali: l’Alde guidato da Verhofstadt salirà
da 68 a 75 eletti, ai quali per completare la famiglia liberale si
dovranno aggiungere i venti di Macron. Questa al momento è l’unica
maggioranza possibile, eventualmente allargabile ai Verdi (45 seggi) per
dare vita a un inedito fronte unito europeista da contrapporre in aula
ai sovranisti di Salvini, Le Pen e Kaczynski.
Appunto il fronte dell’estrema destra – nostalgico, xenofobo ed euroscettico – a dir poco competitivo. L’Enf – l’attuale famiglia politica di Salvini e Le Pen – passerà da 37 a 59 rappresentanti. L’Ecr – che con la Brexit e l’addio dei Conservatori di Theresa May passerà in mano ai polacchi di Kaczinsy – porterà invece 51 parlamentari. Se si alleeranno, progetto al quale Lega e i polacchi del Pis sono al lavoro, arriveranno a 110, ai quali andranno aggiunti i 12 di Alternative für Deutschland e una manciata di singoli parlamentari eletti nei partitini alleati dell’Est europeo. Puntano ad almeno 130 rappresentanti, insidiando il Pse come secondo gruppo di Strasburgo e tentando il Ppe a un’alleanza centrodestra-destra alla quale all’interno dei popolari lavorerebbero i cavalli di Troia Orbàn e Kurz. Coalizione che al momento non avrebbe i numeri per la maggioranza, ma che potrebbero essere raggiunti facendo shopping negli altri gruppi (ad esempio, gli eletti del premier ceco Babis sono nell’Alde, anche se politicamente più affini ai sovranisti).
Cruciale in questo eventuale schema sarebbero i grillini: una loro
alleanza post elettorale con i sovranisti regalerebbe la maggioranza
all’eventuale coalizione Ppe-nazionalisti che secondo diversi
osservatori metterebbe in serio pericolo la tenuta dell’Unione e della
stessa democrazia liberale in Europa. Basti pensare che nelle stanze dei
bottini Ue oltre a Lega, Rn e Pis entrerebbero altri partiti decisi a
minare le istituzioni dal loro interno nonché i democratici svedesi di
Akesson, gli olandesi di Wilders, il Vlaams Belang, la versione cipriota
di Alba dorata e altri partiti con simili inclinazioni neonaziste.
Vediamoli,
allora, i Cinquestelle. Perderanno il loro gruppo Efdd causa addio
dello Ukip con la Brexit. Per costruire una nuova famiglia Ue, Di Maio
si è mosso tardi e male, consigliato ancor peggio dai suoi luogotenenti a
Strasburgo. Per ora ha messo su un’alleanza impalpabile. Per formare un
gruppo all’Europarlamento servono minimo 25 deputati eletti in almeno 7
paesi diversi (i grillini sperano in un cambiamento delle regole che
abbassi a 6 il numero di nazionalità, ma resteranno delusi). Al netto
del flirt con i Gilet gialli, per ora gli M5S hanno trovato alleati
appena in altri quattro paesi. Non solo del tutto eterogenei, ma anche a
rischio elezione. Il pezzo pregiato era il punkrocker polacco di
estrema destra Kukiz, che però negli ultimi mesi è crollato nei
sondaggi: ad oggi viene quotato al 4,2%, con zero seggi a Strasburgo.
Idem i finlandesi di Liike Nyt e i greci di Akkel, talmente bassi da non
essere nemmeno rilevati. Solo i croati di Zivi Zid ad oggi sarebbero in
grado di portare 2 deputati in Europa (12,3%). Insomma, per Di Maio il
quadro si fa desolante, anche sposandosi con i Gilet Gialli non avrebbe i
numeri per un gruppo. Ecco perché in molti scommettono che alla fine si
accoderà ai sovranisti, regalando loro i numeri per l’eventuale
alleanza con il Ppe. Le alternative per i Cinquestelle sono la desolante
collocazione nei non iscritti o la ricerca post elettorale di qualche
deputato solitario per arrivare alla soglia dei 7 paesi, dando vita a un
gruppo irrilevante, a meno che, appunto, non si alleai con i sovranisti
di estrema destra.
I
sondaggi intanto dicono che la Lega corre verso il 32,4%, con 27 seggi,
un boom rispetto ai 5 odierni. L’M5S viaggia al 25,7%, con 22 seggi.
Crolla il Pd, dai 31 seggi del 2014 figli del famoso 40,8% di Renzi,
passa al 17,3%, con 15 eletti. Seguono Forza Italia (8,7%, 7 deputati) e
Fratelli d’Italia (4,4%, 4 rappresentanti). Tutti gli altri partiti
italiani al momento non superano la soglia di sbarramento.
Il bottino della Lega, 27 seggi, contende alla della Cdu di Angela
Merkel – al momento quotata a 29 parlamentari – il ruolo di primo
partito d’Europa (nel 2014 in cima al podio c’era il Pd). A livello di
percentuali, colpiscono i risultati da record dei partiti di Orbàn e
Kaczynski: Fidesz viaggia al 49,3%, il Pis al 40%. Sondaggi da primato
nei due paesi, Ungheria e Polonia, in rotta con l’Europa per le accuse
di autoritarismo, che si traducono rispettivamente in 24 e 16 seggi.
Meno di Cdu e Lega nonostante le percentuali superiori visto che
Budapest e Varsavia portano meno deputati rispetto ai paesi più popolosi
come Germania, Francia e Italia.
In
Francia stando ai rilevamenti del 6 febbraio, Marine Le Pen si
piazzerebbe davanti al presidente Emmanuel Macron. L’Rn viene proiettato
al 22% con 21 rappresentanti contro il 20% (20 seggi) di Europe En
Marche. In Germania, come visto, la Cdu corre verso i 29 seggi mentre i
Verdi arriverebbero secondi con 17 eletti, davanti alla Spd (15) e ad
Afd (12). Interessanti i sondaggi spagnoli, che hanno anche una valenza
interna visto che ad aprile, prima delle europee, il Paese andrà al voto
per le politiche: al momento il Psoe di Pedro Sanchez viene dato al
24,5%, il Partito popolare al 23,5%, Ciudadanos al 17,9%, Podemos al
14,1% e i franchisti di Vox al 9,6%.
Per chiudere, un aneddoto. Tradizionalmente, fino all’elezione del nuovo presidente l’aula di Strasburgo veniva guidata dal deputato più anziano. Nel 2014, ad esempio, a sedersi sullo scranno più alto era stato Emmanouil Glezos, novantaduenne greco eletto con Syriza, ex partigiano che nel 1941 ammainò la bandiera nazista dal Partenone. In questa legislatura il deputato anziano potrebbe invece essere un italiano, noto per aver dato, nel 2003, dei “turisti della democrazia” agli europarlamentari per poi definire “kapò” il socialista tedesco Martin Schulz: ovviamente si tratta di Silvio Berlusconi. Un vero paradosso, che però non si verificherà perché di recente l’Eurocamera ha modificato la norma e a guidare l’aula alla prima seduta, prevista per il 2 luglio, sarà il presidente uscente, Antonio Tajani, o un suo vice. Scherzando in molti affermano che si tratta della prima legge ad personam contro Berlusconi. Ma ovviamente non è così.
REP.IT
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