Tradimenti, furti misteriosi e intrighi. Roma è la capitale delle spie
Non è un caso che Roma sia al centro di queste particolari trame nordcoreane. La capitale infatti detiene due primati da non sottovalutare: ha il Vaticano, quindi il doppio delle ambasciate, e soprattutto ha la Fao. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura è una delle pochissime istituzioni internazionali che è riconosciuta dalla Corea del Nord come interlocutore, ma è soprattutto l’unica ad avere accesso e rapporti diplomatici costanti con il territorio nordcoreano. Un unicum per il sistema messo a punto dai Kim. E per questi motivi, Roma non può che diventare un grande centro di smistamento degli interessi di Pyongyang.
La spia nordocreana
L’importanza di Roma e della Fao per la Corea del Nord è data da un altro personaggio, un’altra spia al servizio di Pyongyang: Kim Su-Gwang. L’organizzazione e il World Food Programme confermano che l’uomo è stato un loro funzionario e che è stato residente a Roma dal 13 agosto del 2003 al 17 gennaio 2015. Dodici anni in cui pare che il funzionario abbia fatto qualcosa di pù che rappresentare la Corea del Nord nel programma alimentare.
Come raccontato da Il Foglio, “è il ministero delle Finanze francese che il 30 gennaio del 2014 congela – con un provvedimento pubblico – i beni di tre cittadini nordcoreani: secondo i servizi segreti francesi due di queste tre persone sono membri del Reconnaissance General Bureau, il centro di comando dei servizi segreti nordcoreani. E il Bureau di Pyongyang è sottoposto a sanzioni economiche (provvedimento dell’Unione europea n. 1355/2011 del 20 dicembre 2011). I beni congelati sono quelli del signor Kim Yong-Nam (68 anni), di suo figlio Kim Su-Gwang (38 anni) e di sua figlia Kim Su-Gyong (41 anni)”. Il funzionario del Wfp è dunque una spia della Corea del Nord.
E le domande si susseguono: cosa ha fatto Kim Su-Gwang dal 2014 al 2015? E Roma cosa ha fatto per fermare le sue attività? Molti gettano ombre sul rapporti fra l’Italia e la Corea del Nord. Ad alcuni, specialmente in Europa, non piace questo strano rapporto fra i due Paesi. E l’ambasciata nordcoreana di Roma, insieme a quella di Berlino, resta sotto la lenta di ingrandimento delle intelligence di mezzo mondo.
Il traditore portoghese
Proprio per questo motivo, non deve sorprendere che in questi tempi la capitale sia tornata a essere quello che è stato per molti anni. Prima dell’affaire-Corea, ce n’era stato un altro particolarmente interessante. Bisogna tornare al maggio del 2017. Una qualsiasi mattina di una tipica primavera romana. Ma in un bar di Trastevere, avviene qualcosa di diverso. Come racconta Repubblica, “due uomini si salutano e si siedono al tavolo in fondo al locale. Dicono di essere commessi viaggiatori. Mentono. Uno dei due si chiama Sergey Nicolaevich Pozdnyakov ed è un ufficiale del Svr, il servizio di informazione russo. L’altro, Manuel Frederico Carvalho Gil, è uno 007 portoghese. La polizia italiana, avvertita dalle autorità di Lisbona, li becca mentre il portoghese allunga al russo documenti riservati della Nato. Si è venduto per diecimila dollari, è a scelto Roma per consumare il tradimento”.
I servizi segreti portoghesi monitorano da molto tempo il loro collega. Il controspionaggio di Lisbona intercetta Carvalho Gil a Lubiana in un incontro con il russo. Poi, scoprono che ha preso un biglietto per Roma e avvertono l’intelligence italiana. Lo pedinano per le vie del centro di Roma, per poi identificarli seduti a un tavolino del bar. Entrambi vengono arrestati e rimpatriati. Pozdnyakov viene messo un aereo diretto a Mosca subito dopo la fine dell’arresto a Regina Coeli.
Il furto in casa dell’addetto militare dell’ambasciata russa
È la mattina del 13 agosto 2018 quando i Carabinieri della stazione più vicina a via Gregorio VII ricevono una telefonata: è l’Ambasciata russa. I militari in servizio denunciano un furto nella casa di Sergey Chuckhrov, addetto militare presso l’ambasciata. Un ruolo fondamentale, visto che sostanzialmente coordina l’intelligence nel Paese che lo ospita.
Come riportato da Il Messaggero, di quel furto ci sono ancora tantissime zone grigie. E non a caso i nostri 007 avevano iniziato a volerci vedere chiaro. Innanzitutto non si sa esattamente a cosa servisse quell’appartamento preso in affitto a pochi passi dalla residenza dell’ambasciatore. Poi non è dato sapere chi ha segnalato per primo il furto: Chuckhrov in quel periodo non era a Roma, quindi non poteva essersene accorto. E, altro mistero, quando i carabinieri sono giunti sul posto, ad attenderli c’era già la polizia.
Il corpo diplomatico presso l’Italia si è subito schermato dicendo che non era stato rubato nulla di particolarmente rilevante. Ma è difficile credere che quell’effrazione sia stata opera di qualche delinquente sprovveduto. Chi è entrato in quell’appartamento, sapeva esattamente dove andare e per quale motivo.
IL GIORNALE
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