Sì alla mozione anti-Tav ma intanto il governo sblocca i bandi di gara
di ALBERTO CUSTODERO
Di fatto, la prima pietra politica che sblocca la realizzazione della
Tav. Un terremoto invece per i 5 stelle, che con l’analisi
costi-benefici riteneva di aver posto la pietra tombale sui cantieri
piemontesi. L’ala movimentista, che martedì ha dovuto già ingoiare il no
all’autorizzazione al processo per Matteo Salvini, è pronta a
mobilitarsi contro quello che considera l’ennesimo cedimento
all’alleato.
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Eppure, il via libera ufficiale è dietro l’angolo. Lo schema piace al
Carroccio e nelle ultime ore è stato accettato anche da Palazzo Chigi e
dal ministero delle Infrastrutture, roccaforte del grillismo No-tav,
anche dopo l’annuncio da parte del sistema delle imprese piemontesi di
un fermo delle attività produttive per protestare contro la mozione
M5S-Lega. Per sancire lo schema futuro, Conte, Di Maio e Salvini si
vedranno i primi giorni della prossima settimana, dopo il voto in
Sardegna. Non a caso, perfino il ministro pasdaran Danilo Toninelli
adesso ha ammorbidito i toni: «Massimo due settimane e comunicheremo la
soluzione trovata con gli alleati». Lui stesso, martedì prossimo,
raggiungerà Bruxelles per incontrare rappresentanti della Commissione e
del governo francese. Il segretario della Lega intanto canta già
vittoria: «Si va avanti sul progetto. Come vedete, non c’è stato lo
squallido scambio tra il no all’autorizzazione al mio processo e la
Torino-Lione».
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Ci sarà dunque il disco verde del governo. A quel punto, si potrà
riunire il consiglio d’amministrazione di Telt, rimasto “sospeso” in
attesa di una soluzione. La convocazione ancora non è stata
formalizzata, ma è attesa per i primi giorni di marzo. Sarà il passaggio
necessario per dare il via ai bandi di gara e far partire la raccolta
delle dichiarazioni d’interesse. Da quel momento, si aprirà una finestra
di sei mesi, al termine della quale la società italo-francese procederà
all’assegnazione dei capitolati e alla scelta delle imprese. Ed è
proprio aggrappandosi a questi 180 giorni di tempo che i Cinquestelle
hanno accettato il compromesso. In teoria, infatti, la Telt – sfruttando
la legislazione francese alla quale risponde – potrebbe anche decidere
di non procedere con la selezione delle imprese. Salterebbe così la
realizzazione dell’opera senza dover pagare penali.
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Ma sono proprio quei sei mesi di tempo guadagnati a rassicurare la Lega.
I cantieri intanto ripartono. E dopo le Europee, con molta probabilità,
gli equilibri politici e lo stesso assetto di governo saranno
ribaltati. «Il contratto di governo non è la Bibbia e bisognerà
riaggiornarlo – dice non a caso Salvini – perché l’economia va avanti».
Ed è quello che andrà a dire la settimana prossima lo stesso vicepremier
leghista al presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che a nome
dell’imprenditoria del Nord protesta contro la paralisi della
Torino-Lione e l’ostilità dell’ala grillina del governo alle grandi
opere. «Così – avverte il capo degli industriali – si rischiano di
perdere 50 mila posti di lavoro». Per di più in una fase di recessione.
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Ma se l’opera più controversa si sblocca, resta ancora incerta la partita dell’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Sui decreti-icona voluti dalla Lega non c’è ancora nessun testo pronto e per approvare l’intero pacchetto «ci vorranno ancora mesi», chiarisce Conte in Senato. In ogni caso, nessuno spazio per il blitz sognato dalla Lega: le Camere, assicura il premier, saranno «necessariamente coinvolte» e verrà «rispettata la solidarietà
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