Lento l’addio al nucleare. E il governo dimentica il deposito delle scorie
Se invece il governo non ce la facesse ci sarebbe un impatto sulle tasche degli italiani che pagano attraverso la bolletta elettrica l’intero processo. Il combustibile delle vecchie centrali è stato mandato in Francia e in Inghilterra per essere lavorato (costo totale 1,7 miliardi), ma tra 6 anni, senza un luogo per adatto per ospitarlo, l’Italia sarà costretta a pagare il suo mantenimento oltreconfine.
Spina di ogni maggioranza, il toto-deposito che si aprirebbe con la pubblicazione della carta cozza con l’imminenza delle scadenze elettorali. In primavera poi la stessa Sogin entrerà nel ciclone dello spoils system, l’ad Desiata e il presidente Marco Ricotti sono in scadenza con tutto il cda e la maggioranza gialloverde sta pensando a una nuova nomina. In vista di una riconferma Desiata può rivendicare di aver ridisegnato la Sogin secondo le reali potenzialità. Quando arrivò nel 2016 aveva messo a budget 83 milioni di attività per il 2017 ne realizzò 63. Il risultato del 2018, 80,7 milioni, arriva anche dopo un consistente ridimensionamento del personale (- 10%) e dei costi di funzionamento (-11%). Il vertice in carica ha anche allungato al 2036 l’intero piano di decommissioning che costerà, al momento 7,2 miliardi (di cui 3,8 già spesi).
Due esempi chiariscono le difficoltà della società a raggiungere l’obiettivo dello smantellamento: il primo è l’incertezza sul budget del 2019 “Sono 100 milioni d’attività, ma 30 -40 non hanno ancora le autorizzazioni necessarie- spiega Desiata – Abbiamo 34 autorizzazioni ferme, di cui 14 da più di tre anni”. I tempi delle autorizzazioni si allungano per il cambio dell’ente di controllo: non più l’Ispra (protezione ambientale), ma la nuova Isin (sicurezza nucleare), non pienamente operativa. L’altro caso emblematico è l’attacco al vessel della centrale del Garigliano. Desiata l’aveva posto come pietra miliare da raggiungere entro il 2019: “Abbiamo chiesto il via libera, ma credo che prima l’Isin vorrà avere delle certezze sulla gestione”. Ovvero la conferma o il cambio dei vertici, altri sei mesi di attesa.
Sempre più gli interessi a tenere tutto il decommissioning nucleare in un infinito limbo sembrano prevalere sulla volontà di arrivare a fine ciclo: la politica può non fare scelte impopolari sul deposito, la Sogin può continuare a essere un costante serbatoio di appalti e assunzioni, i comuni interessati (Latina, Caorso, Trino Vercellese, Garigliano) continuano a ricevere milioni in compensazioni dallo Stato. Pagano gli utenti elettrici che ogni anno sborsano poco meno di 200 milioni per il nucleare (di cui 100 finiscono direttamente al Fisco).
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