Messina Denaro, l’ultimo mistero in un’intercettazione. “Matteo alzati”, scatta il blitz, ma il covo è vuoto
Messina Denaro da giovane
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“Fino a quando non prendono a questo, siamo tutti consumati — diceva
Luppino, che sospettava di essere seguito dalle forze dell’ordine —
perché ti legano tutti a questo deficiente”. E suo zio, Salvatore
Giorgi, aggiungeva: “Finché non prendono questo cane di macogna, eh, in
questo territorio faranno terra bruciata”. Lo stesso sfogo di tanti
altri mafiosi. Arrestano decine di boss e favoreggiatori, ma lui resta
un fantasma.
L’investitura
Un fantasma. Ma, adesso, la procura di Palermo mette nero su bianco una
certezza. “E’ l’unico nella provincia di Trapani in grado di poter
determinare assetti e vertici del sodalizio”. Messina Denaro è vivo,
sembra che si sposti di tanto in tanto. E fa arrivare i suoi desiderata.
Lo dice il cognato, Saro Allegra, che intercettato parla
dell’investitura ricevuta: “Quello a me mi vuole bene anche perché io
sono per lui…”. E ancora: “Quello mi ha detto a me: chiunque viene,
non ti devi fare impressionare, mandali a fare in culo, chiunque viene,
tu, a te nessuno ti può dire niente e io cammino”.
L’ultimo identikit di Messina Denaro
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Parola di fantasma. Il fantasma che conosce i segreti delle stragi del
1992-1993. I segreti che fanno di Messina Denaro il padrino più potente
di Cosa nostra. Non la Cosa nostra “militare”, quella delle estorsioni e
della droga, quella che a Palermo ha provato a ricostituire la Cupola.
La mafia di Messina Denaro punta sugli affari, sui fondi pubblici, sulle
relazioni nate in un passato ruggente. Basta guardare l’entità dei
sequestri fatti negli ultimi sei anni agli imprenditori ritenuti parte
del suo cerchio magico: sei miliardi di euro.
Anche il capo dei capi, Totò Riina, non si dava pace in carcere: “Ma
perché non ammazza qualche magistrato… io me lo sono cresciuto… no,
lui pensa solo ai pali”. I pali eolici, il grande business dell’energia
alternativa su cui la mafia 2.0 di Messina Denaro ha investito. E la
caccia prosegue, affidata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e
dall’aggiunto Paolo Guido a due squadre di specialisti. Da una parte i
poliziotti del Servizio centrale operativo della polizia, con le squadre
mobili di Palermo e Trapani. Dall’altra, i carabinieri del Ros, con i
colleghi del nucleo Investigativo di Trapani. I migliori investigatori
dell’antimafia.
L’indagine
In una delle sale operative di questa maxi indagine qualcuno ha appeso a una parete la poesia scritta dalla piccola Nadia Nencioni, una delle vittime della strage di via dei Georgofili, a Firenze. La strage per cui Messina Denaro è condannato all’ergastolo. Nadia aveva 9 anni. Qualche giorno prima della bomba, scrisse una poesia intitolata “Tramonto”. “Il pomeriggio se ne va/il tramonto si avvicina/un momento stupendo/Il sole sta andando via (a letto)/E’ già sera tutto è finito”. E ora “Tramonto” è il nome in codice dell’operazione Messina Denaro. Il tramonto, si spera al più presto, dell’ultimo padrino delle stragi ancora in libertà. Non sarà facile.
Qualcuno dice che sia in Tunisia, qualcuno sussurra in Venezuela. Qualcuno, ancora, dice al Nord Italia. Oppure, fra Trapani e Agrigento. Chissà. “Forse, questa è ancora una partita truccata – sussurra uno degli investigatori che gli dà la caccia – stiamo facendo tutto il possibile, con il massimo impegno, ma qualcosa continua a non quadrare”. Si può ipotizzare che il fantasma goda ancora di un’ampia rete di complicità. Troppi blitz falliti, troppe piste sfumate all’improvviso. Questa è ancora una partita truccata.
REP.IT
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