Elezioni, un anno dopo: il Parlamento è ormai ridotto a uno spettatore
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Un anno nella storia?
Contemporaneamente, l’«Osservatorio della legislazione» della Camera dei deputati ha fornito un calcolo aggiornato del numero delle norme con forza di legge emanate dall’inizio della legislatura (dopo le elezioni del 4 marzo dell’anno scorso) fino al 22 febbraio 2019, quindi in quasi un anno. Da esso si evince che, in questo periodo, sono state approvate solo 29 leggi, di cui 13 sono di conversione di decreti legge del governo. Dunque, l’attività parlamentare si è ridotta a 16 leggi, molte delle quali di iniziativa governativa, che rappresentano poco più del 15 per cento della complessiva attività normativa (95 atti, che includono leggi, decreti legge, decreti legislativi, regolamenti di delegificazione). Se si considera che negli ultimi anni il Parlamento ha prodotto circa cento leggi per anno, si può dire che questo Parlamento ha ridotto la sua attività di circa due terzi, con una tendenza che solo in parte può spiegarsi con il periodo dedicato all’elezione dei presidenti delle camere e degli altri titolari degli organi interni, e con quello dedicato alla difficile formazione del nuovo governo.
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Leggi e decreti: il bilancio e il confronto con gli altri governi
Il consuntivo della legislazione nell’anno trascorso dalle elezioni politiche nazionali e il futuro che i dieci disegni di legge lasciano prevedere, sono segnali di una tendenza allo svuotamento del Parlamento, coerente con l’accento posto dal governo sulla democrazia diretta.
L’intento di semplificare e codificare larga parte della nostra legislazione è meritorio ed è stato sempre auspicato. Ma il modo in cui ci si propone di realizzarlo è criticabile. Innanzitutto, per semplificare, si complicano le strutture: sono previsti una Commissione per la semplificazione, una riformata Unità per la semplificazione, un Comitato interministeriale, una Cabina di regia e apposite commissioni ministeriali.
In secondo luogo, la semplificazione-codificazione avviene tutta per delega, con determinazione di principi e criteri direttivi molto generici. Questo è un ulteriore segnale della tendenza a far passare il Parlamento in secondo piano, perché così il governo avrà mano libera nel legiferare.
I Parlamenti hanno due compiti fondamentali: quello di dare al Paese un governo e di controllarlo, e quello di dettare le regole della comunità. Questi due compiti sono svolti in contraddittorio, perché è nel Parlamento che si svolge la dialettica maggioranza-minoranza. Il Parlamento italiano ha finora svolto poco e male il compito di controllo, ma ha mantenuto un saldo comando dell’attività legislativa, e, principalmente, è stato il teatro nel quale si è svolta la concorrenza tra le forze politiche, che rende il potere visibile all’esterno. Con la svolta iniziata lo scorso anno, la dialettica politica si è spostata prevalentemente in televisione e nelle piazze, e il Parlamento ha visto ridurre il proprio compito di legislatore.
La riduzione continuerà, se saranno approvati i dieci disegni di legge di delega, e ci si potrà chiedere allora che cosa è restato al Parlamento, oltre alla funzione di dare e togliere la fiducia ai governi. Con quale spirito potremo festeggiare domani, 4 marzo 2019, il primo anniversario delle Camere elette lo scorso anno?
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