Zingaretti segretario del Pd e l’uscita dal limbo
Da oggi il Pd ha un nuovo leader, Nicola Zingaretti, eletto con un margine superiore a quello previsto dai sondaggi. Queste primarie hanno confermato la tendenza delle precedenti: i militanti si mobilitano attorno al vincitore annunciato, per dargli forza. Accadde con Prodi nel 2005, Veltroni nel 2007, Bersani nel 2009, Renzi nel 2013 e nel 2017. L’unico scontro vero fu quello del 2012, quando appunto Bersani e Renzi (con Vendola eliminato al primo turno) si affrontarono per la candidatura a premier; ma al ballottaggio il distacco fu netto. Il nuovo segretario è cresciuto nell’apparato del partito, ma ha vinto tre elezioni amministrative — una in Provincia e due in Regione — in un territorio, Roma e il Lazio, dove la cesura tra i dirigenti della sinistra e i ceti popolari è stata particolarmente netta. Giudicarlo adesso è ovviamente troppo presto. Una cosa è sicura: il Pd, dopo il disastro delle elezioni politiche di un anno fa, non può pensare di fare da solo. Il primo compito del segretario è costruire un dialogo con la società, in particolare con forze civiche, cattoliche, sindacali, di volontariato: primo passo verso nuove alleanza con liberali, europeisti, moderati. Sarà fondamentale proprio il rapporto con quei corpi intermedi che Renzi si era illuso di poter scavalcare, grazie a uno stile diretto e a una leadership solitaria.
Più che con i capi dei Cinque Stelle, che considerano il Pd il partito del sistema e quindi il nemico naturale, Zingaretti dovrà parlare ai cittadini che chiedono un cambiamento vero, l’abolizione di privilegi odiosi, il rinnovamento della classe dirigente del Paese, la lotta alle disuguaglianze eccessive, l’aiuto alle famiglie più povere, una prospettiva di vita e di lavoro per i giovani: insomma le cause, all’evidenza trascurate dai partiti tradizionali, che hanno gonfiato le vele di Grillo e dei suoi seguaci. L’avversario sarà ovviamente Salvini. Che oggi è fortissimo, domani uscirà trionfatore dalle Europee, ma dopodomani potrebbe pagare l’alleanza con i Cinque Stelle, il ristagno dell’economia, il malessere del Nord. E il Pd, se questo dovesse accadere, dovrà farsi trovare pronto; non soltanto con le manifestazioni, per quanto significative, ma soprattutto con misure concrete per creare lavoro, alleggerire fisco e burocrazia, migliorare i servizi alle imprese e ai cittadini, dalla scuola alla giustizia. Contenuti, non formule.
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