A sinistra speranze (e illusioni)
Dopo tanto cercare un «papa straniero», il Pd ha scelto il modello del «papa buono». Anzi, del parroco buono. La faccia paciosa e lo stile ecumenico di Nicola Zingaretti sono stati spesso dileggiati in un partito notoriamente non privo di squali. Ma alla fine il giovane della «cantera», il leader fatto in casa, Nicola il temporeggiatore, ha dimostrato di saper cogliere l’attimo, e non ha mancato il suo personale appuntamento con la storia. Per il Pd e per il centrosinistra la riuscita delle primarie, particolarmente nelle grandi città, è sicuramente una bella notizia: risolleva un mondo in palese crisi depressiva, che ci ha messo un anno a elaborare il lutto elettorale. Ma ciò che è successo nei gazebo domenica può cambiare anche la vicenda politica del Paese? Forse sì. E non solo per l’ovvia considerazione che un’opposizione in salute fa bene all’intero sistema democratico. Karl Popper diceva che l’essenza della democrazia non è decidere «chi deve governare», ma «come impedire che governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno». Perfino Andreotti, quando gli chiesero che cosa avrebbe fatto se avesse potuto disporre di un potere assoluto, senza opposizioni, rispose: «Sicuramente qualche sciocchezza». Ma un Pd che si alza dal lettino dello psicanalista e torna a camminare può avere effetti anche più concreti. Può, per esempio, competere con i Cinque Stelle per il secondo posto alle prossime elezioni europee.
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