A sinistra speranze (e illusioni)

Fino a qualche mese fa, il Movimento sembrava inarrivabile per i Democratici, quasi doppiati alle elezioni. Ma ora i sondaggi dicono che il Pd, anche se è rimasto più o meno dov’era, non è più così distante, perché il ritmo della caduta elettorale dei Cinque Stelle registrato in Abruzzo, in Sardegna, e forse presto in Basilicata, sembra molto accelerato. Per la prima volta, poi, tra i tanti elettori pentastellati in fuga ne compare qualcuno che torna al Pd. Ecco perché, in un partito galvanizzato dalla luna di miele con il nuovo segretario (almeno qualche mese lo lasceranno in pace) si comincia a sperare ciò che prima di domenica sembrava impossibile: il sorpasso alle Europee. Con o anche senza il listone, se un’alleanza con i cespugli di centrosinistra dovesse risultare troppo arzigogolata.

L’eventualità che a maggio i Cinque Stelle non siano più uno dei due pilastri del sistema politico manderebbe ovviamente in crisi l’intera ipotesi strategica su cui si fonda la traballante alleanza di governo. Con conseguenze imprevedibili. Può allontanare la crisi, se il terrore delle urne spingerà Di Maio ad avvinghiarsi a Salvini come un’edera. Oppure la accelererà. Ed è questo lo scenario su cui Zingaretti e anche Gentiloni, che lo affianca, scommettono. Nonostante le sirene che cominciano a cantare (gli auguri di Fico, le mani tese di Di Maio) non è praticabile per il nuovo segretario un ribaltone in caso di crisi. Anche perché i gruppi parlamentari del Pd, così come sono oggi, non gli offrono davvero grande manovrabilità. Ma per arrivare al voto, quando sarà, da leader di un partito competitivo, al neo segretario non basterà dare una riverniciata di sinistra alla ditta. Molto c’è da fare, e non solo dal punto di vista organizzativo. Meglio non dimenticare che, sommati, i due partiti al governo risultano oggi anche più forti di un anno fa, seppure a parti invertite. Meglio ricordare che i punti deboli del Pd, questione sociale, questione migranti, questione sicurezza, restano deboli.

L’ascesa di Salvini testimonia di un massiccio spostamento a destra dell’opinione pubblica. L’Italia è l’unico Paese fondatore dell’Europa in cui un partito di destra nazionalista arriverà primo alle prossime elezioni. L’idea che da qualche parte, nascosto ma pronto a balzar fuori, ci sia invece un popolo di sinistra in sonno e che basti evocarlo per tornare a vincere, sarebbe quanto meno ingenua, visti i tempi. Le prossime elezioni europee saranno innanzitutto italiane: la gente voterà sull’economia e sulla nuova crisi che sta arrivando, non sui principi generali dell’Unione Europea. Per allora Zingaretti dovrà dunque aver preparato una offerta politica nuova, che rimetta il Pd in sintonia non solo con la sinistra, ma con il Paese. E non basterà più riconoscere gli errori del passato — come Zingaretti ha giustamente fatto nelle primarie — per riuscirci. Senza contare che neanche il commissario Montalbano sarebbe oggi in grado di svelare al nuovo segretario la soluzione del giallo di Renzi e del suo futuro; sul quale, come è noto, è consigliabile non stare sereni.

CORRIERE.IT

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