I migranti vogliono il sussidio. In arrivo una pioggia di ricorsi
A denunciare la questione è l’avvocato Alberto Guariso dell’Asgi, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, che sta aspettando l’esito delle prime domande presentate per iniziare con i ricorsi. Il primo requisito nel mirino è quello dei 10 anni di residenza in Italia. Non è chiaro quanti siano i migranti nel nostro Paese al di sopra e al di sotto di quella soglia, né si sa quanti di questi avrebbero un Isee tale da poter richiedere la misura varata dal governo. Ma nel 2018 la Consulta aveva dichiarato incostituzionale il requisito di lungo-residenza richiesto agli stranieri per ottenere il bonus affitti dalla regione Lombardia. Il secondo requisito è quello secondo cui per richiedere il Rdc è necessario avere un permesso di soggiorno di lungo periodo. A detenerlo è il 65 per cento degli immigrati residenti in Italia, e dunque è il restante 35 per cento che sarebbe escluso dal sostegno al reddito. Peccato che per avere il permesso di lungo periodo è richiesto un reddito minimo, pari alla soglia massima per richiedere il reddito di cittadinanza. Capito il gioco? Se lo straniero non guadagna abbastanza, non può richiedere il permesso che lo autorizza a fare domanda. Se ha quel permesso, probabilmente ha un Isee troppo «ricco» per accedere alla misura. «In pratica i più poveri non possono nemmeno accedere al reddito di cittadinanza, e questo – spiega l’avvocato Guariso – è il paradosso che intendiamo far valere. Anche perché a breve la Consulta si esprimerà sulla legittimità di richiedere lo stesso permesso, quello di lungo periodo, agli stranieri over 65 che vogliono accedere all’assegno sociale. Se la Corte dirà che quella richiesta è illegittima, le regole di accesso al reddito andranno cambiate». Al momento, spiega Guarisio, si è già rivolta all’Asgi una straniera residente in Italia da 14 anni e con due figli, che non ha il permesso di lungo periodo proprio perché non ha mai avuto un reddito sufficiente per poterlo chiedere. Ossia, riassume l’avvocato, «un vero povero che avrebbe bisogno di questa prestazione». Infine, in discussione in Senato, c’è l’emendamento che vorrebbe aggiungere come paletto per gli stranieri la documentazione del Paese di origine che attesti situazione reddituale e patrimoniale, tradotta e legalizzata dal consolato italiano locale. «Un requisito che trasporrebbe in legge il modello Lodi, taglia corto il legale. E che, se approvato, farebbe da dissuasore: «Quale povero potrebbe tornare per esempio in Ecuador per prendere e far tradurre documenti per chiedere un sussidio che non sarebbe nemmeno sicuro di ottenere?».
IL GIORNALE
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