Lontano dal pantano Tav
Cosa pensi, in cuor suo, il capo dello Stato di un governo che rischia di cadere su una galleria e di questa gigantesca confusione, a pochi giorni dalla presentazione dei bandi per avviare i cantieri, dopo mesi di chiacchiere allegre, è immaginabile. Ma non è oggetto di questo articolo. Lo è invece cosa intende fare Mattarella nelle prossime ore, per scongiurare un’eventuale crisi, o come abbia in mente, nel caso, di affrontarla. O se ha intenzione, in queste ore, di ricorrere alla proverbiale moral suasion per impedire una figuraccia in mondovisione di un governo che in modo goffo e scomposto mette a rischio impegni sottoscritti e votati dal Parlamento. E la risposta è nulla. Proprio così: nulla.
Non c’è né un clima di preoccupazione – voi sapete: il presidente è sempre preoccupato per definizione, quando c’è uno snodo politico, stavolta no – né c’è un tentativo di mediazione in atto, come pure avvenuto in altri momenti, come sulla manovra quando, sia pur con discrezione, il capo dello Stato fu un soggetto attivo nel comporre uno scontro deflagrante con l’Europa, nei giorni in cui lo spread bruciava titoli di Stato. Questo “stare a guardare” dice molto. E non tanto che, in fondo, non pensa che gli eventi possano precipitare nei prossimi giorni e che, come spesso accade in questo governo, c’è una sproporzione tra parole ultimative e compromessi dell’ultimo istante. Magari finirà così anche questa volta. Sono altri tempi. Nella Prima Repubblica, il governo sarebbe caduto in diretta tv ieri sera, alle prime dichiarazioni di Salvini e Di Maio, altri tempi.
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