Una toppa sul buco Tav

Per sviscerare tutta questa faccenda, è entrato in scena l’avvocato Conte quando Di Maio e Salvini erano ormai ai ferri corti tanto che il leader leghista aveva rifiutato un nuovo incontro dopo alcuni vertici notturni finiti con un nulla di fatto. In mattina il premier ha mandato una lettera alla Telt con il cavillo che ha messo pace nella maggioranza. Il premier così guadagna sei mesi di tempo sulla Tav e, nell’atmosfera surriscaldata del Governo gialloverde, è ossigeno puro. Una toppa su un buco che si stava allargando ora dopo ora. E invece, adesso, tutti dicono di essere contenti soprattutto perché la decisione è rimandata a dopo le elezioni Europee e quelle del Piemonte. Ma a quel punto sarà tutta un’altra storia politica.

La vicenda è condensa in un certosino lavoro legale del premier che, con tecnica da professionista dell’arbitrato, ha risolto, per il momento, un problema squisitamente politico. Poiché la questione di fondo delle ultime 72 ore era trovare il modo che permettesse tanto a Matteo Salvini quanto soprattutto a Luigi Di Maio di difendere e affermare la propria posizione sulla Torino-Lione, evitando così una crisi di Governo che si avvicinava ad alta velocità.

La Tav procede. Spostando lo sguardo un po’ più in là il problema è solo rimandato di sei mesi, quando il Governo dovrà dare una risposta: non ci saranno altri cavilli possibili, sarà Sì o No alla Tav. Il cuore dell’accordo e il cavillo giuridico prevedono di far sparire la parola “bandi” e di chiamare diversamente questa prima fase che si aprirà lunedì con la riunione del Consiglio di amministrazione di Telt: “Avvisi di manifestazione di interesse”. Con una clausola di dissolvenza messa per iscritto. Di fatto dei bandi preliminari. Di fatto la mediazione che la Lega proponeva mercoledì sera. Una toppa.

Quanto basta per far dire a Matteo Salvini nel giorno del suo compleanno in stile elite a Milano che “l’opera non si ferma”. Così, dopo aver spento 46 candeline in un festone da oltre duecento invitati, decide la linea da tenere in stretto contatto con i suoi. Si attacca al telefono mentre il Movimento 5 Stelle ostenta la vittoria. Gli viene consigliato di affondare il colpo, di rivendicare la vittoria del via, un po’ come fa il sottosegretario Armando Siri quando dice: “Nessuna resa. I finanziamenti Ue sono salvi. Il nostro obiettivo è stato raggiunto”.

Ma Salvini per una volta si tiene: prima di lasciare il ristorante ed essere assalito dalla telecamere ci pensa e ci ripensa. A uno dei suoi confida: “Se io rispondo così, si incazzano”. Il pensiero è non affondare il colpo su Luigi Di Maio, che riesce a compattare i suoi e placare chi ventilava la crisi di governo. Un messaggio però lo manda: “Se non troviamo l’intesa nel Governo – dice Salvini – la si troverà in Parlamento o nel Paese”, e quindi con un referendum. In entrambi i casi il leader leghista sa di avere la meglio. Per questo la soddisfazione per la giornata è tanta. State tranquilli, dice ai suoi, i bandi lunedì partiranno, la Tav si farà.

Circola un sondaggio di Swg secondo cui la proposta leghista di Mini-Tav incontrerebbe anche il favore dei Cinque stelle, che sul punto si spaccherebbero con il 35% di Sì e il 34% di No: un grattacapo per Di Maio. Più in generale, secondo questa rilevazione, i Sì Tav sarebbero tra gli italiani il 58% (75% nella Lega, 21% nel M5s, dove c’è il 21% di No) mentre per il No sarebbe solo il 16%. Nel Nordovest, dove i Sì sarebbero al 66%, il 60% degli interpellati dice che la Tav va fatta anche se non conveniente.

Luigi Di Maio, dal canto suo, esce per un attimo dalle corde. Esulta, mentre tutta la sua base è radunata a Milano al ‘Villaggio Rousseau’: “Oggi è un successo per gli italiani”, dice. Ma è consapevole di quanto questa storia sia scivolosa e da dimenticare per qualche tempo. Un parlamentare M5s, che ha seguito da vicino il dossier anche durante i vertici notturni, svicola un po’ e alla fine si lascia andare: “Vabbè, non abbiamo detto ‘No’ alla Tav, ma abbiamo ricompattato il gruppo”. Senza dubbio alzando al massimo il livello dello scontro con Salvini, fino a minacciare la crisi di governo, il vicepremier grillino è tornato in sintonia con i suoi gruppi parlamentari uniti nel ‘No’ alla Tav. Come ha confermato Roberto Fico, nel parlare dei 5 stelle come No Tav per costituzione. Il non aver bloccato l’opera, in questa fase, passa in secondo piano. Almeno per ora. Ecco il capogruppo dei senatori Stefano Patuanelli, aggirarsi tra una sala e l’altra del Palazzo delle Stelline: “Con la Lega abbiamo pareggiato”. I deputati e i senatori sono contenti che non sia caduto il governo, ma sono consapevoli che le promesse da campagna elettorale erano ben diverse, così l’ostilità nei confronti della Lega cresce.

Perché a leggere bene le carte, alla fine di questo stress test, nella sostanza è cambiato poco. L’Alta velocità andrà avanti come da programma con la partenza, guai a chiamarli bandi, degli avvisi di manifestazione di interesse. A questo riguardo è stata inserita, ed è qui che Di Maio ostenta la vittoria, la “clausola di dissolvenza”. Clausola che tuttavia nel diritto francese già esiste, ma che lunedì sarà precisata e messa per iscritto nel corso del Consiglio di amministrazione di Telt, che avvierà gli avvisi di preselezione di mercato per cogliere le manifestazioni di interesse sui 2,3 miliardi di lavori del tunnel di base. In questo modo l’Italia non perderà i 300 milioni di euro. Il passo in avanti ottenuto da Di Maio sta nel fatto che, per avviare la seconda fase dei bandi, quella della gara, servirà il via libera del Governo italiano. Nei prossimi giorni dovrebbe partire la richiesta rivolta a Parigi e anche a Bruxelles di ridiscutere gli accordi che dovrebbero riguardare sia il progetto sia le quote di finanziamento.

La risposta di Telt a Conte chiarisce che si procederà con inviti a presentare le candidature e si sottoporrà la successiva fase di trasmissione dei capitolati per le offerta al preventivo avallo dei due governi. Così, al momento, mentre ognuno rivendica il proprio trionfo, c’è un unico vincitore: il rinvio che permette sia alla Lega sia a M5s si decidere dopo le elezioni europee.

L’HUFFPOST

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