Il governo, le crisi e il dilemma del voto

di Paolo Mieli

Una coalizione di governo può decidere di non decidere una volta. Due volte. Tre. Ma, a parte il fatto che ogni rinvio ha il prezzo della perdita di un’incalcolabile dose di credibilità, i tempi di una decisione non possono essere procrastinati all’infinito. E in questa specifica situazione, quando arriverà il momento della scelta, verrà contemporaneamente il tempo della crisi di governo che trascinerà con sé le elezioni anticipate. Ed è anzi probabile che questo giorno giunga all’improvviso, magari sulla scia di un pretesto che non ha niente a che fare con il treno Torino-Lione. Del resto un esito del genere è stato messo nel conto da molti osservatori già l’autunno scorso, ai tempi della polemica sulla «manina», quando Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno iniziato a lasciar trasparire i primi segni di reciproca diffidenza. Ed è forse inevitabile che con il passar del tempo tutti, anche leghisti e grillini, si convincano che quella del ricorso alle urne sia la soluzione più appropriata. Meglio andare velocemente al voto piuttosto che assistere (o prender parte) ad una interminabile serie di compromessi, pasticci, dilazioni. Per giunta in una fase della nostra storia in cui, ad evitare il baratro finanziario, sarebbero necessarie scelte inequivocabili e nitide assunzioni di responsabilità. Perciò: rassegniamoci a voltar pagina anche con riapertura anticipata dei seggi. Anche a ridosso delle elezioni europee.

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