Il dito e la Luna
Invece così non è stato e l’idea che l’Italia possa essere il primo Paese del G7 ad aderire sta facendo alzare diverse sopracciglia in Europa e negli Stati Uniti, nel timore che possa essere il preludio di una penetrazione cinese verso occidente. E mentre il dibattito sembra polarizzarsi sempre più su posizioni ideologiche, tra detrattori e tifosi, la domanda “BRI sì o no?” fa perdere di vista la realtà dei fratti: BRI o no, la Cina è già in Europa. L’Ue è stata trai i principali destinatari di investimenti cinesi all’estero a partire dal 2015, quando Pechino ha settato come nuovo obiettivo una crescita qualitativa del proprio sistema. Le parole d’ordine sono quindi diventate investire in Europa per ricavarne valore aggiunto da spendere in casa propria. E così è stato. A macchia di leopardo. In tutta Europa, da nord a sud.
La vera domanda, dunque, non è se cooperare o meno con la Cina, ma come farlo per non subire il peso economico del gigante asiatico e, al contrario, per ridurre i rischi e massimizzare le opportunità. Ciò significa lavorare per trovare una quadratura del cerchio tra la necessaria garanzia di sicurezza e di rispetto delle tradizionali alleanze e la possibilità di creare delle nuove sinergie di sviluppo economico per le aziende nazionali. Il problema è che finché non si inizia a concentrare il dibattito su questa equazione si rischia di continuare a fissare il dito, senza prendere in considerazione di dare un’occhiata alla luna.
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