Quei limiti invalicabili
La polizia sul luogo della strage a Christchurch (Epa)
Quando Bin Laden rase al suolo le Twin Towers di New York, Ferruccio de Bortoli, allora direttore del Corriere, scrisse un fondo intitolato «Siamo tutti americani», che rappresentò alla perfezione il sentimento della grande maggioranza degli italiani. Mi sono chiesto se avrei potuto cominciare questo pezzo con la frase «siamo tutti musulmani». Se cioè schierarsi, oggi come allora, dalla parte delle vittime, avrebbe ugualmente interpretato un sentire unanime. Temo di no. Da quel terribile settembre di 18 anni fa infatti, lo scontro di civiltà, per quanto esorcizzato da intellettuali illuminati e autorità religiose, ci è purtroppo entrato nella testa. Una coppia concettuale si è radicata nei nostri cervelli: noi e loro. Noi europei e loro migranti. Noi americani bianchi e loro americani neri. Noi cristiani e loro musulmani. È in questa rappresentazione collettiva, che si è fatta spazio anche nell’intelletto dei migliori di noi, di persone peraltro gentili, razionali, moderate, che si deve cercare l’uovo del serpente.
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