Regionali Basilicata, Salvini star e centrodestra in testa con ‘Pittella boys’
Si cambia così in Basilicata. Anche se non è detta l’ultima. Lo stesso Pittella non si dà per vinto, pur uscito sconfitto dal braccio di ferro per ricandidarsi governatore, di fatto ‘domato’ dalle primarie del Pd, con la vittoria di Nicola Zingaretti e la necessità di cambiamento suggerita da Roma e interpretata qui come richiesta e condizione da Roberto Speranza di ‘Articolo uno’. L’ex governatore si ricandida consigliere nella sua lista che evidentemente si misurerà col Pd nelle urne: anche perché, in tutta questa girandola, il Pd è quasi scomparso, simbolo piccolissimo nella lista ‘Comunità democratiche’ a sostegno di Carlo Trerotola, farmacista potentino chiamato all’ultimo a guidare la coalizione, simpatie per Almirante, fama di generoso con chi non ha soldi per le medicine. Con lui ci sono ben 7 liste: Avanti Basilicata, Comunità democratiche, Basilicata Prima-Riscatto, Progressisti Basilicata, Verdi, lista Trerotola e Psi.
Nella regione di Matera città europea della cultura 2019, terra dal paesaggio sempre diverso di mari e monti, dal Pollino ai calanchi ‘lunari’ di Carlo Levi, eppure terra disoccupazione ed emigrazione, vale di più battere il territorio casa per casa, voto per voto, lista per lista a penetrare ogni famiglia. E’ lo schema su cui si muove il centrosinistra, in attesa di Zingaretti in visita in regione la prossima settimana. “Qui siamo di fronte a un ministro dell’Interno che si vuole occupare di Basilicata facendosi vedere in Regione ora solo per la campagna elettorale”, ci dice Piero Lacorazza, ex presidente del consiglio regionale entrato in rotta di collisione con Pittella e poi rimosso dall’incarico, ora nella lista di centrosinistra ‘Basilicata Prima-Riscatto’.
Ma ora anche il centrodestra cerca di usare questo stesso schema di ricerca dei voti coi candidati ramificati in ogni angolo del territorio. Per loro, cinque liste: Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Basilicata Positiva, Idea. In più, lo schieramento di Bardi ha il traino mediatico di Salvini, determinato a fare il pieno anche in Basilicata: nella coalizione regionale e a spese del solito M5s. Anche se, in fondo, pure il vicepremier leghista (6 per cento alle politiche 2018 contro il 12 di Forza Italia) si muove in terra straniera, punta su ciò che sa e con i suoi candidati lucani si raccomanda: “Usate il marchio Lega, quello tira”.
Più che i volti, conta il brand per Salvini, che qui, tra militanti e curiosi in fila per i selfie, incrocia anche qualche contestazione: a Maratea lo striscione ‘No Lega’ e il coro “Viva i terroni”, a Potenza ‘Non tutto il sud dimentica’, riferito alle frasi pronunciate in passato dal vicepremier leghista contro il sud. A Policoro, sulla costa ionica dove anticamente sorgeva l’antica città greca di Heraclea, alcuni ragazzi lo attaccano sull’immigrazione. Lui: “Bravo, hai vinto dieci immigrati da mantenere”.
Invece, con un brand in affanno, Luigi Di Maio fa quello che può per difendere il suo Antonio Mattia, candidato presidente della lista unica M5s, 47anni potentino, in corsa anche come consigliere. Non è un dettaglio ma un’indicazione di aspettativa. La nuova legge elettorale, approvata l’anno scorso in piena estate e tra mille polemiche dall’amministrazione Pittella, oltre a blindare il candidato presidente eliminando il voto disgiunto, permette solo ai primi due classificati di entrare in consiglio: il presidente eletto e il miglior perdente. Evidentemente il M5s non pensa di arrivare tra i primi due.
Meno presente di Salvini, anche Di Maio si fa vedere in regione. Cerca di distinguersi dai leghisti in calcio d’angolo, si fa “garante della coesione nazionale” riguardo all’autonomia chiesta dal nord, si fa fotografare con due immigrati che lavorano in un’azienda del metapontino, promette di tornare la prossima settimana, chiede il voto per cambiare “da vecchia a nuova politica”. Rocambolesco, dopo dieci mesi al governo nazionale. Ma in Basilicata il M5s riesce in extremis a mantenere il sostegno di due professori in prima linea sulle questioni ambientali: Albina Colella e Giambattista Mele. Lei voleva fare una sua lista, non è riuscita a raccogliere le firme e ora con l’area ‘Bene comune Basilicata’ ha lanciato un appello per il M5s: “Unica alternativa al disastro economico e ambientale della regione”.
Già, il petrolio. In media 140-150 milioni di royalties per la regione ogni anno. Poco: non è nemmeno il 15 per cento del costo del sistema sanitario lucano (un miliardo e rotti), ma tant’è. Il petrolio in Val d’Agri, oggetto anche di inchieste della magistratura per 400mila tonnellate di ‘sversamenti’ nell’ambiente dagli impianti lucani, è il convitato di pietra di questa campagna elettorale, tema affrontato da pochi.
Cerca di aggredirlo Valerio Tramutoli, fisico e docente di telerilevamento ambientale all’università di Basilicata, il candidato presidente della lista ‘Basilicata possibile’, che raccoglie Sinistra italiana, altre aree di sinistra e anche gli ex pentastellati di ‘Altra Basilicata’, delusi dal Movimento. “Ho deciso di andarmene a luglio, per le esclusioni ingiustificate di gente che aveva vinto le parlamentarie e poi le ‘regionarie’ l’anno scorso, per il governo con la Lega, le questioni ambientali e anche il reddito di cittadinanza: che non è ciò che avevano proposto in campagna elettorale”, ci spiega Arturo Raffaele Covella, consigliere comunale ex cinquestelle a Venosa, la città di Orazio nel potentino. “Insieme, stiamo cercando di spiegare alla gente che vuol dire la ‘autonomia differenziata’ voluta dalla Lega…”, ci dice Giuseppe Miolla di Si, senza nascondere le difficoltà.
Basilicata palcoscenico di leader politici come mai prima. Eppure gli aventi diritto al voto sono sulla carta 460mila, cinque anni fa i voti validi furono 250mila, meno degli abitanti della sola Bari. Ma è il terzo test elettorale dell’era del governo giallo verde, dopo Abruzzo e Sardegna. E, ca va sans dire, anche Silvio Berlusconi ci si tuffa, barcamenandosi tra l’attacco al governo e la difesa del ‘sogno’ del centrodestra unito: chi ancora crede in questo esecutivo è un “coglione”, sentenzia anche qui in terra lucana.
L’HUFFPOST
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