Revenge porn: cos’è e quanto è diffuso tra i più giovani
Un fenomeno ancora poco conosciuto
Ma cos’è il Revenge porn? Non è altro che la diffusione senza consenso
di foto o video molto intimi, che ritraggono atti sessuali o nudità, con
lo scopo di denigrare la persona coinvolta. Un’ulteriore complicazione è
che, dopo un semplice clic, si perde il controllo di ciò che si è
pubblicato sul web. Distruggendo la reputazione e, in non pochi casi,
anche la vita della vittima. Impossibile non pensare alla tragica fine
di Tiziana Cantone,
il cui video che la ritraeva in atteggiamenti intimi ha conosciuto una
diffusione praticamente virale. Purtroppo la legge, ad oggi, non tutela
come dovrebbe chi cade nella rete del Revenge porn. E, probabilmente, ci
sarà da aspettare ancora, visto il paventato ‘no’ da parte della Camera
all’emendamento che dovrebbe renderlo un vero e proprio reato. Ma la
discussione è tutt’altro che conclusa.
Gli adolescenti i più esposti
Anche perché il fenomeno è in espansione e colpisce anche e soprattutto
chi, di web, ci “vive” in tutto e per tutto. Parliamo delle nuove
generazioni, i “nativi digitali”, tra cui il Revenge porn assume tratti
preoccupanti. Secondo una recente ricerca di Skuola.net,
che ha coinvolto 6.500 ragazzi tra i 13 e i 18 anni, il 24% di loro ha
scambiato almeno una volta immagini intime con il partner via chat o
social (sexting). Tra questi, il 15% ha subìto la condivisione con
terzi, senza consenso, di questo materiale. Il motivo più frequente,
riportato dalle vittime? Assurdo ma è per un banale “scherzo” (49%), che
mostra quanto possano essere sottovalutate le reali conseguenze di tale
diffusione. Tra le altre motivazioni, con numeri rilevanti: il ricatto
(11%) o la vendetta (7%). Inoltre, a dispetto di quanto si potrebbe
pensare leggendo i casi di cronaca, il fenomeno è più maschile che non
femminile. Sia in termini di propensione allo scambio che di fughe di
contenuto.
La vergogna prende il sopravvento
La reazione più diffusa? Nella maggior parte dei casi è il silenzio (il 53% ha fatto finta di niente, il 31% non ha detto nulla per non essere giudicato). Sono soprattutto le ragazze ad aver paura del giudizio rispetto ai ragazzi. Non manca chi, pur non subendo la condivisione del proprio materiale intimo, ne è stato minacciato: qui la percentuale è del 12%. In questo caso è determinante la motivazione del ricatto (44%) e della vendetta (18%). Ma la condivisione senza consenso delle proprie immagini intime può iniziare anche da qualcosa di diverso dal “sexting”: quando il materiale è raccolto senza che la vittima ne sia al corrente. Può succedere, ad esempio, se durante un rapporto sessuale – fisico o virtuale – questa sia ripresa o fotografata a sua insaputa, per poi essere ricattata.
Il sesso come merce di scambio
Secondo un’altra indagine del sito Skuola.net, su un campione di 14mila studenti tra gli 11 e i 19 anni, quest’ultimo fenomeno è tutt’altro che raro. C’è chi, infatti, dichiara di aver avuto un rapporto sessuale fisico con compagni/e di scuola che scambiano tali “prestazioni” con favori di varia natura. Non sono pochi, sono circa il 4% dei nostri ragazzi e ragazze. Ebbene, il 66% di chi si è prestato a questo “scambio” è stato poi fotografato o filmato a scopo di ricatto. Ma non serve neanche incontrarsi nella vita reale per dare inizio a questo “furto” di immagini hot. Il 9% del campione, infatti, ha ammesso di essere stato ricattato dopo aver fatto sesso virtuale cono sconosciuti, essendo stato ripreso senza che ne fosse a conoscenza. Il fenomeno, come detto, è meglio noto come sextorsion. Anche di questo sicuramente sentiremo parlare.
TGCOM
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