La politica vorace e gli argini
Anche se è un evento raro, accade, di tanto in tanto , che in una democrazia , in virtù di regolari elezioni, il governo cada in mano a forze rivoluzionarie, propense a cambiare radicalmente i «fondamentali»: dalla collocazione internazionale del Paese ai rapporti fra politica ed economia, alle stesse regole del gioco (costituzionali) su cui si regge la democrazia rappresentativa. Il «governo del cambiamento» insediatosi dopo le elezioni del 4 marzo 2018 ha questa natura. Ma esso incontra , nella sua azione , la resistenza di figure istituzionali il cui compito consiste nel difendere quei fondamentali. Coloro che le incarnano sono stati scelti , nella stagione politica precedente, per quello scopo , non per assecondare il desiderio dei «rivoluzionari di governo» di mandare a gambe all’aria il tavolo. Per inciso, non è sicuro che le attuali, quotidiane baruffe fra Lega e 5 Stelle preannuncino una imminente crisi di governo . Il potere esercitato qui e ora ha un odore e un sapore inebrianti e una crisi di governo si sa come comincia e non si sa come finisca. In ogni caso, anche se il governo cadesse, nulla capiremmo del nostro futuro prima di conoscere i risultati delle prossime elezioni politiche. Se stiamo ai fatti anziché alle supposizioni, dobbiamo constatare che al momento il governo del cambiamento è bilanciato soprattutto da una figura istituzionale: il presidente della Repubblica.
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