La sceneggiata paga

I dati di Euromedia research dicono che questo, in Italia, non accade. Il clamoroso crollo di fiducia nel governo o dei due partiti che lo sostengono non c’è. Anzi, funziona questa simulazione di conflittualità – dicevamo: questa sceneggiata – un po’ su tutto, senza che però vengano mai messi in discussione i fondamentali – il governo, il Potere – segno che questi due leader cosiddetti anti-politici, in fondo, della politica hanno imparato l’arte della simulazione, della dissimulazione, della bugia, del doppio livello, e, diciamolo, del cinismo perché questo spettacolo non è gratis per il paese: “Certo – dice l’infallibile Ghisleri – questo è un altro discorso, più di lungo periodo. Al momento però il gioco gli funziona. Coprono lo spazio di governo e di opposizione, dell’estremismo e della moderazione, dei gilet gialli e della Merkel. È un gioco di rimpallo, litigano e vanno d’accordo, hanno tutti i ruoli della commedia politica. E questo riduce gli spazi altri. L’elettore sceglie all’ultimo e loro hanno un tracciato lungo di percorso. Significa che gli altri, che entrano nelle ultime scene, devono davvero inventarsi un colpo di teatro ad effetto sennò non resta nulla della loro presenza”.

In questo senso la giornata televisiva di ieri è stata paradigmatica, di ciò che è e di ciò che sarà, se gli “altri”, a partire dal Pd, non riusciranno ad entrare in gioco. Politicamente, ed emotivamente: “Di Maio – prosegue la Ghisleri – parlava dallo studio di Fazio a Salvini che stava a Giletti. Il quale rispondeva a lui. Hanno prodotto un dialogo in contemporanea, attraverso due programmi nazionali di punta. Questo riduce l’effetto di ogni possibile alternativa”. Parliamoci chiaro, il Pd, con le sue logiche tradizionali, ragiona come si ragionerebbe in Germania o, se preferite, come si sarebbe ragionato una volta, quando la realtà e la rappresentazione non cozzavano con la logica: sulla Tav Lega e Cinque Stelle non sono d’accordo, sul processo penale nemmeno, sulla Cina e sul Venezuela neanche a parlarne, sull’autonomia continuano a non trovare la quadra, sui temi etici lasciamo perdere, sul Def c’è un conflitto con Tesoro, insomma litigano su tutto, dunque prima o poi le contraddizioni esploderanno. Il che, magari, potrà anche accadere poi ma sta accadendo, prima, un’altra cosa. E cioè che le cosiddette contraddizioni, in campagna elettorale, pagano. Salvini sale e Di Maio pure: “Tu la chiami sceneggiata – prosegue la nostra infallibile – io la chiamo pianificazione della campagna elettorale. È una danza delle ore, basata su quelle che possiamo chiamare le emergenze mediatiche del momento. Rom, migranti, Olocausto alla vigilia degli appuntamenti europei di Salvini. La realtà pone i tempi, loro ci imbastiscono la rappresentazione. E tracciano dei solchi nella memoria delle persone”.

Il problema è sempre lo stesso, l’alternativa. Intesa come costruzione di un’altra idea, percezione, identificazione, capacità di condizionare l’agenda, costringendo gli altri a parlare di te, senza inseguire. Il Pd, dopo un anno di limbo, è comunque più vivo. Però è ancora attanagliato da un vizio economicista. Pensa cioè che la recessione economica, conclamata, inevitabilmente produrrà il default politico del governo. Ed effettivamente erano vere e credibili le previsioni sull’impatto economico devastante che avrebbe avuto una manovra che, come è stato ripetuto, puntava molto sulla spesa e poco sugli investimenti, diventando la principale causa della crescita zero. L’analisi era giusta, però gli indicatori dicono che la coalizione di governo gode (ancora) di buona salute. Il punto è che l’economia non è solo distribuzione, ma anche costruzione emotiva, intesa come indicazione delle priorità sociali che vuoi dare e della società che vuoi costruire: “Il punto – dice la Ghisleri – è la proposta in cui potersi identificare. È la vecchia questione. La gente vota sulle suggestioni o sul portafoglio? Ti rispondo: vota sulle suggestioni del portafoglio. Ad esempio, il perimetro del reddito di cittadinanza e quota cento non è ancora chiaro. Cioè ancora non si capisce se sono misure perenni o no. Però la suggestione che lo siano fa sì che ti votano. Dire ‘no, non si può fare’ non mi convince a votare contro, non basta. Io, che sono uno che ha pagato di più la crisi in questi anni, comunque ho la suggestione di un protagonismo perché si occupano di me”.

Detto questo, c’è un dato che colpisce. La fiducia nel governo, secondo Euromedia, è al 38-40, più bassa rispetto alla somma dei due partiti, segno che aleggia un certo scetticismo sulle sue capacità realizzative: “Alla lunga si chiede efficienza e capacità di risultato, questo è chiaro. Il dato dice che i partiti tengono le curve, ma che all’interno delle curve ci sono dei tifosi che sono scettici sui risultati”. Però la campagna elettorale è questa: capacità di allargare le curve. E, per ora, sta funzionando questo illogico e strampalato gioco di trasformarla in una campagna sui partiti, “a prescindere” dagli scarsi risultati del governo. Per ora. Tanto, il biglietto di questo spettacolo si paga “dopo”.

LHUFFPOST

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