Franco Roberti, la soluzione che Zingaretti cercava

Settantuno anni, napoletano, proprio nel capoluogo campano da magistrato ha fatto segnare i suoi successi più importanti, guidando da coordinatore della locale Direzione distrettuale antimafia le indagini che hanno portato a catturare e far condannare tutti i principali rappresentanti del clan dei Casalesi. Nel 2013, quindi, la sua nomina a Procuratore nazionale antimafia, incarico che ha ricoperto fino al 16 novembre del 2017, data del suo pensionamento.

Ma per Roberti la candidatura alle europee non rappresenta il primo abboccamento con la politica. Perché da quasi un anno, ormai, riveste l’incarico di assessore alla legalità nella giunta campana guidata da Vincenzo De Luca. Un precedente non di poco conto, per svariati motivi. Il primo è lo stesso che ha portato invece altri esterni a rinunciare alla candidatura proposta dal segretario dem, ossia la capacità (e, soprattutto, la volontà) di avere a che fare con un partito che da queste parti è ancora in gran parte imbrigliato da notabili e micronotabili locali. Undici mesi trascorsi a Palazzo Santa Lucia sono stati un buon allenamento da questo punto di vista, per uno che peraltro non è mai stato un deluchiano di ferro.

Questa sua trasversalità rispetto alle anime dem, dal lavoro con De Luca a un profilo culturale e contatti con personalità più di sinistra (come l’ex Guardasigilli, Andrea Orlando), lo mette anche al riparo da qualsiasi tentazione, esplicita o più nascosta, da parte di qualcuno di non sostenerne la corsa a suon di preferenze.

“Se sarò eletto bene, altrimenti non ne farò un dramma”, si schermisce lui nelle prime parole dopo l’annuncio della sua candidatura, affidate all’agenzia Ansa. Sa che “la competizione elettorale sarà dura” e spiega di aver accettato “per spirito di servizio”, quasi come fosse un vero uomo di partito, “con l’obiettivo, se sarò eletto, di continuare il lavoro per la cooperazione giudiziaria internazionale che avevo iniziato da Procuratore nazionale antimafia”.

Roberti è certamente un paladino della legalità, ma è anche un esempio di come si possa combattere la criminalità mantenendo un profilo di sinistra. Rappresenta quindi non solo una valida alternativa al grido di “onestà” di marca cinquestelle, ma anche al legalitarismo securitario e destrorso della Lega salviniana, che ha ormai iniziato la propria penetrazione anche alle latitudini più basse della penisola. Nel suo libro “Il contrario della paura”, pubblicato da Mondadori nel 2016, Roberti spiega che per sconfiggere mafia e terrorismo, i due grandi fenomeni che ha combattuto lungo tutta la sua carriera da magistrato, serve che politica, giustizia e società civile reagiscano insieme, ciascuno con i propri strumenti. Ad esempio, combattendo le cause economiche e sociali che sono alla base della diffusione e della accettazione in alcuni casi della convivenza con la criminalità organizzata. Perché “mafia e terrorismo – spiega – fungono da agenzia di servizi delle povertà, svolgendo una funzione sostitutiva rispetto alle lacune dello Stato”. Oppure, facendo in modo che non prevalgano mai la paura dell’altro, la xenofobia, il razzismo.

Con Roberti, Zingaretti ha praticamente chiuso il puzzle delle candidature, che sarà portato per l’approvazione definitiva alla Direzione nazionale, che potrebbe svolgersi nella giornata di giovedì. “Praticamente è tutto pronto – spiega chi è impegnato in prima persona nella compilazione delle liste – dobbiamo solo mettere a punto l’ordine dei nomi e attendere che si riempia qualche casella”.

Le caselle in questione sono soprattutto quelle riservate ad Articolo Uno. Dopo il (non facile) via libera ricevuto dall’assemblea congressuale del partito nel fine settimana, Roberto Speranza è chiamato a un lavoro di sintesi sui nomi, il cui frutto sarà presentato a Zingaretti a stretto giro. Massimo Paolucci al Sud, Maria Cecilia Guerra o l’ex sindaco di Udine Furio Honsell a Nord-Est sono le ipotesi più accreditate, cui va aggiunta la possibile convergenza sul medico di Lampedusa Pietro Bartolo (proposto in realtà dai cattolici di Demos), che sarà presente nelle Isole e al Centro.

A Nord-Ovest la lista aperta dei dem sarà guidata da Giuliano Pisapia, dietro il quale ci saranno la capodelegazione uscente Patrizia Toia, l’assessore milanese Pier Francesco Majorino, l’economista Irene Tinagli (in quota a Siamo Europei) e gli altri uscenti Mercedes Bresso, Daniele Viotti, Brando Benifei. Non si esclude ancora che possa essere della partita anche l’ex ministro della Difesa, Roberta Pinotti.

A Nord-Est il capolista sarà un altro ex ministro, Carlo Calenda, seguito dalla vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Elisabetta Gualmini. Ricandidati gli uscenti Cecile Kyenge, Damiano Zoffoli e Isabella De Monte, a giocarsi l’elezione potrebbe arrivare l’ex sindaco di Vicenza Achille Variati (spinto da Calenda). A rappresentare l’area moderata, ci sarà anche Antonio Calò, vicino all’associazionismo cattolico, premiato come “cittadino europeo dell’anno” per aver dato ospitalità ad alcuni profughi. È ancora in corso il pressing su Elly Schlein, eletta nel 2014 con il Pd, ma poi fuoriuscita dal partito insieme a Pippo Civati.

Al Centro la lista è guidata dalla renziana Simona Bonafè, seguita da David Sassoli. Ci saranno anche gli altri uscenti Nicola Danti e Roberto Gualtieri, mentre tra gli esterni, oltre al già citato Bartolo, potrebbe presentarsi l’ex candidata a sindaco di Spoleto per una lista civica, Camilla Laureti.

Al Sud, si è già detto di Roberti e Paolucci, che nel conteggio delle preferenze complicheranno la riconferma degli uscenti Andrea Cozzolino, Nicola Caputo e Giuseppe Ferrandino (in teoria, è più facile la corsa per Pina Picierno, favorita dalla doppia preferenza di genere). In lista ci sarà anche il sindaco di Melpignano, la città della taranta, Ivan Stomeo.

Infine, le Isole. Teste di lista qui saranno l’uscente Caterina Chinnici e Pietro Bartolo. Tenterà la riconferma anche Michela Giuffrida, mentre da Siamo Europei arriva Virginia Puzzolo, che a Bruxelles già si occupa si scienza aerospaziale per la Commissione europea. Due ipotesi ancora in bilico sono quella di Giuseppe Antoci, ex presidente del parco dei Nebrodi nel mirino di Cosa nostra, che ha già sostenuto la corsa congressuale di Zingaretti, e Massimo Zedda, sindaco dimissionario di Cagliari e fresco di sconfitta alle elezioni regionali sarde.

L’HUFFPOST

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