Caso Scontrini, Marino assolto dopo sei anni di inchieste

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Le cene offerte con la carta di credito del Comune di Roma non rappresentano un reato. E così si conclude con un’assoluzione piena in Cassazione il processo sulle presunte «spese pazze» dell’ex sindaco Ignazio Marino, accusato per anni di falso e peculato. Un’inchiesta, quella della Procura di Roma, nata nel 2013, che aveva spinto Marino a dimettersi dalla carica di primo cittadino due anni dopo. E ieri, dopo quattro anni di processi, un’assoluzione in primo grado e una condanna a due anni in Appello, si è chiusa la vicenda che aveva decretato la fine della giunta Pd. «Hanno vinto la verità e la giustizia», ha commentato Marino, che ha aggiunto con amarezza: «La sentenza non rimedia alla cacciata di un sindaco democraticamente eletto». L’assoluzione era stata sollecitata dalla stessa accusa, rappresentata dal pg, Mariella De Masellis: nel corso della requisitoria aveva chiesto l’annullamento della sentenza di secondo grado senza rinvio «perché il fatto non sussiste». Una richiesta accolta nella tarda serata di ieri dai supremi giudici dopo una camera di consiglio di oltre 5 ore. E adesso punta il dito contro l’attuale giunta comunale a 5 Stelle l’avvocato dell’ex sindaco, Enzo Musco. «Sono gravemente in malafede», come dimostra «quel video di De Vito pubblicato il 2 ottobre del 2015 dove si evincono le modalità con le quali si volevano acquisire i documenti contabili della Giunta Marino».

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