Riace, Mimmo Lucano rinviato a giudizio
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Commento
Vicenda Lucano, Riace abolita dai giudici
di FRANCESCO MERLO
Non l’aveva accolta il gip Domenico Di Croce,
il primo a vagliare (e cassare) buona parte dell’impianto accusatorio. A
Riace, si leggeva nel provvedimento, nonostante una gestione assai
disordinata della rendicontazione dei fondi, i servizi sono stati sempre
erogati, nessuno ha messo in tasca in centesimo e non ci sono stati
illeciti. Con parole pesantissime, il giudice aveva dunque demolito le
principali accuse rivolte a Lucano – dall’associazione a delinquere alla
malversazione – bollate come “congetturali”, “laconiche”, “inidonee a
sostenere l’accusa”.
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In alcuni casi, sottolineava, “gli inquirenti sarebbero «incorsi in errori tanto grossolani da pregiudicare irrimediabilmente la validità dell’assunto accusatorio”. Dei 14 capi di imputazione contestati, il giudice ne aveva salvati solo due, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e irregolarità nell’affidamento degli appalti per la differenziata, ordinando però gli arresti domiciliari per Lucano.
Due settimane dopo, il Riesame li ha trasformati in un esilio obbligato da Riace. Da allora, nel borgo dell’accoglienza, il suo sindaco, per questo sospeso, non può andare. Una decisione contro cui Lucano ha fatto ricorso fino in Cassazione, che di recente non solo ha ordinato al Riesame di Reggio di riesaminare il caso, ma ha anche smontato parte delle due accuse rimaste in piedi.
A Riace – ha detto chiaramente la Suprema Corte – non ci sono state né ruberie, né truffe, né matrimoni di comodo. Il contestato appalto per la differenziata, assegnato dal Comune di Riace a due cooperative del paese che impiegavano italiani e migranti, è stato gestito in modo assolutamente regolare. È la legge – ha sottolineato– a prevedere la possibilità di affidamento diretto a cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”.
In più, si leggeva nelle motivazioni, appare pretestuoso addebitare la decisione al solo Lucano, perché frutto di una decisione collegiale di Giunta e Consiglio comunale, deliberata dopo aver chiesto pareri tecnici agli uffici competenti.
Non è vero, né provato – hanno messo nero su bianco gli ermellini – che a Riace si celebrassero matrimoni di comodo per permettere ai migranti di ottenere i documenti necessari per rimanere in Italia. Nelle carte – dicono i giudici – vengono evocati più volte ma mai supportati da elementi giuridicamente rilevanti, non a caso – fa notare la Cassazione – al riguardo non esiste neanche una contestazione formale. Da quanto emerge dagli atti, Lucano avrebbe effettivamente aiutato la compagna nel fallito tentativo di farsi raggiungere dal fratello in Italia, ma nel valutare la questione è necessario anche pesare la relazione affettiva fra i due.
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Considerazioni, osservazioni e perizie che entreranno nel processo e di cui i giudici dovranno tenere conto. Nel frattempo, il Viminale, già in sede di udienza preliminare, ha fatto sapere che contro Lucano e gli uomini e le donne che hanno reso concreto il modello Riace si costituirà parte civile.
Ma per Lucano e chi con lui ha costruito il borgo dell’accoglienza, la battaglia non sarà solo giudiziaria. A breve anche Riace tornerà alle urne per le amministrative e se a destra ci si sta già organizzando, a sinistra è ancora caos. La legge Severino non scompagina i piani, perché il semplice rinvio a giudizio non è motivo di incandidabilità. Le liste però sono ancora tutte da definire. Una certezza però sembra esserci, o almeno tale era fino a qualche giorno fa. Mimmo Lucano ci sarà, ma solo come consigliere comunale. Da sindaco, ha già alle spalle tre mandati e per legge non può essere candidato, ma – ha confermato di recente a Repubblica – “voglio continuare a sostenere il progetto”. In tanti lo avrebbero voluto in lista alle Europee e tanti a sinistra continuano a corteggiarlo, ma lui ha sempre detto di no. Almeno fino ad oggi.
REP.IT
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