Alberto Angela: così racconto il romanzo della storia italiana ai vostri lettori


Perché un romanzo?
“Quando apriamo un libro di storia troviamo date, re, battaglie, imperi e poi basta. Sfugge completamente la realtà e cioè che la storia è fatta di piccole storie. In questa serie, ogni epoca la vedremo attraverso una famiglia: ogni volume racconta di un padre, una madre, di figli, zie, ed esplora la loro vita quotidiana, i cibi, le strade, i commerci, i modi di vestire, come un padre si rivolgeva ai figli, come avveniva un matrimonio. Non è quello che tutti vorremmo sapere? Fra duemila anni vorremmo che la gente conoscesse la nostra epoca attraverso i ministri, i presidenti del Consiglio oppure raccontando cosa mangiavamo, come ci vestivamo, come erano fatte le strade? Che è un po’ quello che cerchiamo quando andiamo in un altro paese: scoprire i vicoli, i cibi, i monumenti”.



Lei però arriva solo all’Unità d’Italia. Perché non si è spinto oltre?
“Mi sono fermato quando si forma il paese che conosciamo. Se vogliamo, anche prima degli etruschi c’erano altre civiltà: i celti, i camuni, i piceni, i messapi in Puglia. E anche questi abbiamo scelto di non trattarli, se non trasversalmente. Allo stesso modo se mi fossi spinto oltre l’Unità avrei dovuto togliere qualcosa al passato, non si può raccontare tutto. Allora ho scelto di fermarmi all’altroieri: degli anni successivi all’Unità puoi intuire facilmente quale fosse lo stile di vita. Invece non sai come si viveva nell’anno Mille. E quando c’era Giotto cosa mangiava la gente, come ci si sposava? Ecco, questo sarebbe stato davvero un peccato perderlo”.

Quali sono allora le tappe più importanti che toccheremo in questo viaggio?
“Naturalmente l’antichità è importante: gli etruschi, la Magna Grecia. Ma in questa specie di grande affresco dell’Italia, l’idea di partenza è che attraverso ogni epoca vogliamo toccare ogni volta delle regioni diverse. Altrimenti ci saremmo concentrati troppe volte su Roma. Invece abbiamo scoperto che ogni regione d’Italia ha avuto una sua cultura, un suo momento d’oro. Pensiamo ai siti Unesco, l’Italia ne è piena”.

Ovviamente c’è un capitolo dedicato a Leonardo…
“Non poteva mancare nel cinquecentesimo anniversario della sua morte. Ma anche qui dobbiamo cambiare prospettiva: Leonardo è stato sempre celebrato anche all’estero come grande genio del Rinascimento. No, Leonardo è un grande genio italiano. Allo stesso modo l’impero romano è l’impero italiano. Viene sempre un po’ offuscata la dimensione del nostro Paese, all’estero non ci fanno sconti, ma non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese ha regalato al mondo grandi momenti di conoscenza, di grazia, di arte. L’Europa di oggi l’abbiamo fatta noi. Nel caso di Leonardo è evidente. Ma pensiamo anche alle banche, a Venezia”.

Si parla spesso di cicli e ricicli della storia: cosa abbiamo imparato? E cosa invece non impareremo mai?
“La storia si ripete, certo. Si diceva che non esiste mai un grande passato, ma un unico presente. Che poi la storia è un concetto che abbiamo coniato noi. La storia è fatta di generazioni una sopra l’altra e ogni generazione ha le sue vittorie e le sue sconfitte. Ora prendiamo come esempio i campionati del mondo di calcio. L’Italia è sempre stata una dominatrice e adesso arranca, agli ultimi mondiali neanche ci siamo stati. Ma come, eravamo i più forti, viene da chiedersi. Ecco questo ci fa capire che la storia dipende ogni volta dalle capacità della generazione di quel momento. Si azzera ogni volta tutto e ogni generazione deve mostrare le sue capacità. E l’Italia ha dimostrato di avere parecchi assi nella manica. Impegno, sacrificio, responsabilità: ogni volta che ci sono stati questi ingredienti la società che li utilizzava emergeva. Uomini forti creano periodi sicuri, periodi sicuri creano uomini più molli e uomini più molli creano periodi difficili e il ciclo si ripete”.

Ma non si corre il rischio di semplificare troppo la storia rendendola una grande fiction?
“Se dello sbarco in Normandia ti racconto la vita dei soldati lo sbarco in Normandia ce l’hai lo stesso: fino adesso i libri ti hanno fatto vedere una cartina geografica con grandi frecce rosse e blu, io invece ti faccio vedere come è avvenuto davvero. La presa della Bastiglia puoi vederla attraverso i vicoli e la gente, anzi è così che deve essere raccontata per capire come è arrivata questa rivoluzione. Questo è quello che ho cercato di fare. Poi esistono anche i libri che ti possono dare grandi dati, grandi battaglie, grandi re. Ma non è il mio modo di raccontare la storia”.

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