Notre Dame, scoperchiata e spogliata ma ancora in piedi
C’è pure l’indifferente, un cameriere arabo di uno dei bistrot qui attorno, quasi tutti pessimi eppure strapieni: “E’ scoppiato un incendio anche nella moschea di Al Aqsa, a Gerusalemme, e non se l’è filato nessuno!”
Il giorno dopo, però, il sentimento più diffuso è l’orgoglio. E la generosità.
Notre Dame appare spogliata. Ci piove dentro. Lo splendido rosone del transetto destro è irriconoscibile, la vetrata non c’è più. Eppure la Cattedrale resiste. Resistono le torri, i portali, l’abside. E, sopra il transetto, la statua della Madonna. “Notre-Dame tiene duro. Come la Francia” dice fiera la mamma per consolare la bambina in monopattino, in lacrime più per la ressa che per la chiesa.
La scorsa notte, atmosfera da tregenda. Rogo ancora acceso. Veglie di preghiera. Angoscia da finitezza delle cose, paura dell’ira divina. Senso di impotenza da finale del Nome della Rosa – “la biblioteca è perduta” – o film catastrofista hollywoodiano. Il mattino dopo si pensa già alla ricostruzione. Merito della Provvidenza, molto invocata, o dei pompieri, molto applauditi: le due tesi non sono in contrasto.
Infuria tra i miliardari del lusso Arnault e Pinault una gara a chi offre di più, tipo Paperone e Rockerduck (è in testa Arnault con 200 milioni di euro contro 100). Per non essere da meno, Sua Maestà Amon N’Douffou re di Krindjabo, capitale del Sanwi, remota regione del Sud-Est della Costa d’Avorio, annuncia una donazione clamorosa in memoria del suo antenato Aniaba, battezzato a Notre-Dame con il nome ovviamente di Louis. Il link dedicato alle piccole offerte dei fedeli continua a saltare: si collegano in troppi. Ne dà notizia compiaciuto il vescovo ausiliario Denis Jachiet: “Non si ha idea di quanti denari stiano arrivando, anche dall’Iraq, dal Sudan, da posti poverissimi…E comunque sì, la corona di spine è salva”.
Il sagrato di Notre-Dame diventa set televisivo, sfondo di selfie, scenario di conferenze stampa. Il ministro dell’Interno Christophe Castaner, finora noto soprattutto come ballerino, al rientro dall’isola esotica di Mayotte spiega con aria grave che è presto per rallegrarsi, ma la facciata non crollerà. Macron dopo il discorso notturno non si è fatto più vedere, preferisce il classico intervento a reti unificate, con la Marsigliese e tutto (“Siamo un popolo di costruttori, rifaremo le navate più belle di prima…”). Tutte le telecamere sono rivolte verso il portale e le autorità. Ma il vero spettacolo è la gente.
Il Lungosenna è un grande teatro a cielo aperto. Turisti sudcoreani fotografano freneticamente. Il violoncellista Gautier Capuçon si è portato presso le rovine fumanti tipo Rostropovich davanti al Muro di Berlino. Una coppia gay si tiene per mano, affranta. Lo scettico con i baffoni – che si chiama Thierry, è un fattorino in pensione, si dichiara comunista ma non vota dai tempi di Marchais – appare sinceramente sollevato alla notizia che la corona di spine è salva. Racconta che da bambino sua madre, molto devota, lo portava a Notre-Dame ogni domenica, per la messa in latino.
In Italia un po’ tutti ci sentiamo o ci diciamo cristiani, compresi i maestri del liberalismo come Croce e comunisti come Rodano. In Francia i cristiani, in particolare i cattolici, sono considerati dagli avversari una fazione, spesso retriva, a volte contrapposta a protestanti, ebrei, laici. Eppure oggi il quotidiano più giacobino, Libération, non si trattiene dal facile eppure efficace gioco di parole, titolando a tutta pagina: “Notre Drame”. La ferita non è inflitta a una comunità, ma alla nazione. L’hanno capito anche Marine Le Pen e il mangiapreti Mélenchon, lesti ad annunciare la tregua elettorale.
Di solito le tragedie rafforzano il potere. Stavolta è tutto da verificare. Se si votasse domani, finirebbe come due anni fa: Macron e Le Pen al ballottaggio, con facile vittoria del presidente. Ma la Francia resta scontenta e riottosa. Se a qualcosa può servire il rogo, è ritrovare consapevolezza di sé, fierezza per il passato comune, e anche ricordi d’infanzia che si credevano perduti.
Qualcuno telefona a genitori e nonni che non sentiva da tempo. Altri consegnano lettere di ringraziamento ai pompieri, “soldati del fuoco”. Molti hanno sottobraccio Notre-Dame de Paris di Victor Hugo, il libro più ordinato su Amazon. Una cinquantenne ha portato un vecchio fumetto in cui Paperone suona l’organo di Notre-Dame, ne evoca il fantasma, lo insegue sui tetti. I tetti sono crollati, l’organo è intatto, garantisce monsignor Jachiet: “Ora si tratta di interiorizzare e personalizzare il dolore” aggiunge, e subito viene colpito violentemente al capo da un microfono. I fotografi scattano, il presule trattiene a stento un’imprecazione.
La pista del terrorismoappare improbabile, all’aeroporto Charles de Gaulle per i voli dall’Italia hanno ripristinato i controlli pre-Schengen, ma la polemica è sull’incuria, sulla gigantesca installazione di tubi da cui è partito l’incendio e che ora è lì, intatta e inutile, come una maledizione. Macron promette che oggi in consiglio dei ministri si parlerà solo di ricostruzione: “Si può fare in cinque anni”. Gli esperti ne prevedono almeno venti; e già si discute se l’intervento debba essere dichiarato, visibile, o se invece sia meglio rifare tutto com’era e dov’era. Si affaccia Renzo Piano, che ha l’atelier qui vicino, assicura che il problema non si pone, “è bruciato il tetto ma la volta di pietra è quasi integra”; il restauro non deve spaventare, “i cantieri sono sempre luoghi di solidarietà”, al nuovo Palazzo di Giustizia hanno lavorato operai da trenta Paesi diversi, come per la Torre di Babele; torneranno utili anche per la nuova guglia di Notre-Dame.
La settimana santa, anziché nel chiuso della cattedrale, si celebrerà in tutta Parigi, a rendere visibile la speranza di resurrezione. Stasera messa solenne a Saint-Sulpice. Alle 18.50, l’ora della scintilla, suoneranno le campane del Sacré-Coeur, di Saint-Etienne du Mont, di Saint-Eustache, e poi delle grandi cattedrali gotiche, Reims, Amiens, Metz. Sabato sera concerto di solidarietà – “solidarnosc!” ripete l’inviata della tv polacca – per raccogliere fondi. La sindaca Anne Hidalgo, atea e femminista, si muove trafelata, l’anno prossimo si gioca la rielezione.
Thierry, il comunista con i baffoni, ora si commuove: “Mamma è morta quest’inverno. Sarebbe contenta che entrassi ancora una volta a Notre-Dame. Davvero dentro è tutto buio?”. Così dicono. “Tutto pieno di travi bruciate, ma con la croce dell’altare intatta?”. Le immagini sono quelle. “Non è che si può vedere, questa corona di spine?”.
Come nei giorni delBataclan, si avverte lo sgomento che viene dalla fragilità. I parigini diventano gentili; e anche questo è un piccolo miracolo. I pompieri si raccolgono in preghiera nella chiesa che hanno salvato, qualcuno scoppia in lacrime per sciogliere la tensione. Oggi non c’è vento come ieri, a tratti piove, se fosse scoppiato ora l’incendio non avrebbe fatto tutti questi danni. Odore di cenere. Il fumo residuo si confonde con le nubi, grigie come una tela di Monet, e davvero Notre-Dame appare come l’aveva vista Mauriac: “Un vascello su cui imbarcarci e vogare fuori dal tempo”, verso un’epoca in cui gli uomini guardavano il cielo.
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