Non obbedisco, signor ministro
Mai si era visto lo Stato Maggione della Difesa rivoltarsi contro il ministro dell’Interno con parole di inusitata durezza paragonando la circolare sui migranti firmata da Salvini a un atto degno di un “regime”, perché “un ministro non può alzarsi e ordinare qualcosa a un uomo dello Stato”. Mai si era visto un ministro dell’Interno imporre prima una direttiva di quel tipo, senza coordinarla tra i ministeri competenti. E rispondere poi, incurante, il suo vado avanti, che poi significa “comando io, punto”, pressoché un “me ne frego”. Della Difesa, delle critiche Di Maio, di tutto.
Al Quirinale, assicurano fonti “ufficiali”, non se ne è parlato nel corso dell’incontro tra Mattarella e Conte, dedicato alla necessità di mettere ordine nell’approvazione dei tanti decreti da convertire, altro capitolo di un governo che ormai non governa, impegnato in una campagna permanente. Però quello che si è materializzato agli occhi del capo dello Stato, che è anche il capo supremo delle forze armate, è uno “scontro istituzionale grave”. E qualche contatto, sollecitato da palazzo Chigi c’è stato, nel tentativo anche di coinvolgere Mattarella in una situazione già sfuggita di mano, e non da oggi. Perché, questo il punto, è almeno da metà marzo che Salvini, con la prima direttiva in materia sul controllo delle frontiere marittime e il contrasto all’immigrazione clandestina, ha “scippato” i poteri del ministro Trenta invadendo il campo della Difesa. E ora ha aggiornato il testo, rendendo quella misura di “chiusura del mare” in acque territoriali anche per le Ong operativa “costantemente” e non di volta in volta, come nella precedente versione. Una misura al limite, che impatta sulle convenzioni internazionali, e giocata sul filo della legittimità rispetto alle norme vigenti.
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