Mario Draghi ricarica il bazooka
Dopo la crescita trimestrale dello 0,4% in termini di Pil reale registrata dall’eurozona nei primi tre mesi dell’anno, i dati di cui dispone la Bce anticipano “una crescita un po’ più debole nel secondo e nel terzo trimestre”, ha detto Draghi. La situazione di oggi “non è paragonabile” a quella del luglio 2012, quando il Governatore annunciò il suo “Whatever it takes” nel pieno della crisi dei debiti sovrani. “Certo – ha ammesso – dobbiamo essere preparati e peraltro oggi il Consiglio direttivo ha riconosciuto che i rischi si stanno prolungando e sono in un certo senso aumentati. Ma è stata anche affermata chiaramente la disponibilità a intervenire rapidamente”.
Con tutti gli strumenti. Tra cui, quindi, anche un nuovo bazooka. A destare preoccupazione è non solo la guerra dei dazi che si prolunga oltre le attese, ma anche il rallentamento dell’inflazione: a maggio il tonfo si è fatto sentire, con il dato core (l’inflazione depurata dai beni volatili) che ha toccato 0,8%. “Non c’è alcuna probabilità di una deflazione, e ci sono molto basse probabilità di recessione”, ha rassicurato il Governatore della Bce che a novembre terminerà il suo mandato. Le stime per il 2019 sono state ritoccate al rialzo, passando dall′1,2% all′1,3%, ma per il 2020 sono state riviste al ribasso (dall′1,5 all′1,4%) per arrivare all′1,6% nel 2021.
Da Draghi sono quindi arrivati messaggi in chiaroscuro sullo stato dell’economia dell’Eurozona, accolti non benissimo dalle Borse europee andate in affanno, con i titoli bancari toccati dalle vendite in tutto il Vecchio Continente. Se da un lato è stato rinviato di altri sei mesi il discorso sui tassi, le condizioni delle aste T-ltro di cui i mercati aspettavano i dettagli si sono rivelate meno appetibili dall’altro. Le aste avranno una natura di backstop per consentire alle banche di soddisfare le richieste di finanziamento nei prossimi tre anni in una cornice regolatoria più stringente rispetto al passato. Ma saranno meno convenienti per evitare il carry trade, ovvero il guadagno di chi specula prendendo a prestito con tassi bassi e convertendo in altre valute con rendimenti maggiori, e il cliff risk, ovvero il rischio per le banche di dover far fronte a uno sforzo troppo ingente per restituire i fondi.
Come detto, però, i dettagli del nuovo T-ltro sono passati in secondo piano dopo la notizia che in Consiglio si è discusso nuovamente di Qe e di un ulteriore taglio dei tassi. Annuncio che segue di poche ore l’apertura della Federal Reserve di tagliare i tassi a sua volta. Un notevole cambio di rotta oltreatlantico, dove invece da diversi mesi ormai l’orientamento sui tassi va solo in una direzione, al rialzo. Approccio che com’è noto non ha mancato di attirare sul presidente Jerome Powell le ire di Donald Trump.
Insomma, l’aria è cambiata e lo si capisce dalle attese di un taglio dei tassi americani già a luglio: le tensioni geopolitiche e soprattutto la guerra commerciale che non accenna a placarsi tengono in apprensione i banchieri centrali per le loro ricadute sulle economie reali. Effetti dei dazi sono stati certamente il rallentamento del settore manifatturiero e il calo delle esportazioni. Il timore che le conseguenze nefaste delle tensioni tra Usa, Cina ed Europa possano allargarsi dal manifatturiero ad altri settori dell’economia sta spingendo le banche centrali a interrogarsi sui mezzi a disposizione per prevenire una nuova crisi.
In un contesto del genere, le aspettative sull’inflazione nell’eurozona non sono incoraggianti. Lo swap 5y5y, ovvero il tasso medio di inflazione fra 5 anni e per i successivi 5 – tra gli indicatori più importanti per la Bce nelle decisioni di politica monetaria – è inferiore all′1,3%, molto vicino ai livelli del 2016, quando la Banca centrale aumentò gli acquisti da 60 a 80 miliardi al mese.
Non sorprende perciò che all’indomani del primo passo fatto da Bruxelles per l’apertura di una procedura di infrazione, Draghi abbia parlato ben poco dell’Italia. A domanda diretta, il Governatore ha replicato che Roma dovrà presentare “un piano credibile” per la riduzione del suo rapporto debito/Pil. Ha poi parlato dei minibot, oggetto di una mozione parlamentare passata con il voto di maggioranza e opposizione, per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione con titoli di stato di piccolo taglio: “O sono una nuova moneta, e allora non sono legali, o sono altro debito. Mi fermo qui”.
L’HUFFPOST
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