M5S, ecco le diverse anime La (nuova) mappa dopo il voto

La sconfitta elettorale, le discussioni interne, l’idea di una riorganizzazione profonda: tra cause e conseguenze il Movimento cambia pelle. E muta anche la geografia interna ai Cinque Stelle. Luigi Di Maio è e resta (forte anche dell’80% dei consensi ricevuti dagli attivisti su Rousseau) il faro politico del Movimento. Il vicepremier, con l’egida di Grillo e Casaleggio, tiene le fila, ma ora si tornerà a una fase più assembleare.

La truppa intorno al leader è frastagliata e anche nell’ala di governo spiccano sensibilità diverse. Ci sono i «lealisti», come i ministri Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, il sottosegretario Vincenzo Spadafora e i capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli (uno dei nuovi volti in ascesa, capace di raccogliere consensi tra i mille rivoli del Movimento): sono i pretoriani del capo politico. Fedeli al vicepremier, ma pronti a rivendicare anche posizioni e idee autonome sono, invece, i «pragmatici riflessivi», nelle cui fila si possano trovare Stefano Buffagni, Emilio Carelli e Federico D’Incà. Il leader, oltre alla altre componenti, ha anche dalla sua parte un gruppo di «dimaiani costruttivi»: si tratta di 50-60 parlamentari (guidati da Emanuela Corda) — in maggior parte al primo mandato — che hanno sottoscritto un documento nell’ultima assemblea per chiedere interventi, ribadendo al tempo stesso la fiducia nel vicepremier.

La strada, la volontà di proseguire nel percorso iniziato un anno fa con la guida del Paese, è segnata, ma ci sono dei distinguo. E delle figure che stanno crescendo. Come Paola Taverna. La senatrice è parte di quel gruppo eterogeneo dei «governisti critici», ossia di quella ala del Movimento che vuole andare avanti con l’esecutivo, ma non ad ogni costo. Al fianco, spesso, ma con posizioni diverse a seconda della loro sensibilità ci sono i «senatori», volti storici come Nicola Morra, Roberta Lombardi e Carla Ruocco. Spesso di traverso all’ala pro-governo è la truppa degli ortodossi, una delle componenti storiche più radicate del Movimento. Loro, i falchi, sono alcune decine e rivedono in Roberto Fico il loro leader naturale. Il loro nucleo è a prevalenza campano: ortodossi sono, per esempio, Luigi Gallo e Doriana Sarli, ma ci sono anche esponenti come il toscano Riccardo Ricciardi. E in realtà oltre alle categorie più codificabili, c’è una folta componente di outsider, esponenti che hanno una linea individuale. Tra loro, Elena Fattori, ma anche Gianluigi Paragone (che in seguito alle esternazioni dopo la sconfitta elettorale ha trovato un clima glaciale nei suoi confronti in assemblea). In questo gruppo rientrano anche quegli esponenti di governo finiti nell’occhio del ciclone, come Danilo Toninelli.

E ci sono anche altre due «anime» extraparlamentari, quella «movimentista» — che raggruppa le sensibilità e i consensi delle piazze —, che vorrebbe un Movimento più battagliero, che è vicina alle idee delle origini e a Beppe Grillo. Volto naturale di quest’ala è Alessandro Di Battista, che non a caso avrà un ruolo fondamentale nella ristrutturazione pentastellata. L’altro gruppo è espressione dei «sindaci» e ha come capofila Chiara Appendino e Virginia Raggi, un gruppo che dovrebbe esprimere il radicamento M5S nei territori e che sarà un cardine per cercare un rilancio dopo il crollo nelle preferenze.

Ovviamente a tenere insieme come collante la galassia del Movimento c’è Grillo. Il garante — grande assente nella campagna elettorale — rimane la stella polare con cui confrontarsi (è il caso di Di Maio e del suo pranzo a Bibbona) e che viene spesso tirata in ballo per lamentele o richieste. Parallelamente a lui, c’è Davide Casaleggio, che è la mente della piattaforma Rousseau, cuore dell’azione web Cinque Stelle.

CORRIERE.IT

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.