Opere pubbliche: copiamo l’efficienza
Poi però, quando si affaccia un rimedio per sbloccare le opere di cui abbiamo vitale bisogno, l’Autorità anti-corruzione di Raffaele Cantone dice che così si perdono le difese contro le aziende malintenzionate, che la velocità può favorire le organizzazioni criminali che si infiltrano negli appalti, che non bisogna indebolire la catena di controllo, che se si vuole andare sani e lontani bisogna andare piano piano. Un giorno ci si lamenta per la lentezza, il giorno dopo ci si lamenta per la troppa velocità. Siamo davvero frastornati, disorientati noi del Pdop. Davvero la corruzione è il prezzo da pagare per la velocità, per i cantieri messi al lavoro, per le opere finalmente in via di realizzazione? E poi, un’altra domanda: ma negli altri Paesi come fanno? Come riescono a procedere speditamente nelle grandi e piccole opere?
E una considerazione: ma perché non copiamo quello che fanno gli altri? Se gli altri hanno trovato la soluzione, se si fanno le opere con la corruzione ridotta al minimi, se la disciplina degli appalti non diventa una gabbia di ferro che mortifica ogni energia, perché non mandare una pattuglia interpartitica di copiatori per portare le leggi funzionanti anche qui? Chi l’ha detto che dobbiamo essere per forza originali e che viene svilita la creatività italica se si imitano alla lettera le buone esperienze degli altri Paesi? Usciamo dalla paralisi: copiando. Prendere quello che funziona e importarlo, con le grandi e piccole opere che si fanno e pure senza corruzione. O no?
CORRIERE.IT
Pages: 1 2