Stress test giustizia

Prosegue Di Battista nel suo post: “Il Movimento deve continuare a denunciare il malaffare dilagante, malaffare reso possibile dalle relazioni pericolose dei partiti. Tutti quanti sia chiaro. Dal Pd con le sue schifezze […] alla Lega, un partito che non sta rubando a Forza Italia solo voti. Purtroppo gli sta rubando uomini e dinamiche”. Il riferimento è ad Arata che era stato eletto deputato di Forza Italia, prima di legarsi alla Lega. Un legame solido, quello che unisce la famiglia Arata alla “nuova” Lega di Matteo Salvini. Il padre, che Salvini sponsorizzò lo scorso agosto come presidente dell’Authority per l’Energia, nonostante il suo palese conflitto di interessi, aveva scritto il programma della Lega per l’energia e aveva partecipato a vari convegni sul tema. Il figlio Federico, invece, da anni segue i rapporti internazionali per Salvini, in particolare con Steve Bannon, e ha un contratto a palazzo Chigi.

Ecco, in giustizia veritas. Nel senso che questo terreno rappresenta il primo vero banco di prova della tenuta del Movimento rispetto a Salvini. E della tenuta del fronte che, nel Movimento, vuole stare al governo a tutti i costi. È il vero stress test. Ricapitolando: Di Battista, tradendo un certo imbarazzo, nel post sfoggia una capacità equilibrista nel denunciare la “berlusconizzazione” dell’alleato senza mettere in discussione la permanenza al governo con la novella “Forza Italia” che, del vecchio partito berlusconiano, avrebbe mutuato i metodi e assorbito gli uomini più opachi. Il presidente dell’Antimafia Nicola Morra invoca una immediata convocazione del ministro in Antimafia, tranne poi – evidentemente dopo un ordine di scuderia – derubricare la richiesta come incontro previsto da tempo e non legato agli sviluppi odierni dell’inchiesta. Anche Morra si esibisce in una piroetta parlando, ospite di Otto e Mezzo, del “rischio infiltrazioni”, nel giorno in cui, secondo i codici pentastellati di una volta, gli arresti e le intercettazioni emerse quelle infiltrazioni le hanno certificate. Luigi Di Maio, che in campagna elettorale aveva ottenuto lo scalpo di Siri in nome della questione morale e dell’ombra inquietante di un contesto mafioso e che, sempre su questi presupposti, aveva chiesto l’allontanamento del figlio di Arata da Palazzo Chigi, si attesta sul minimo sindacale dell’indignazione (leggi qui il pezzo di Gabriella Cerami). 

È chiaro che, in questa reazione del Movimento, confusa, contradditoria, equilibrista appunto, c’è tutta la portata della questione politica che si pone. Il bivio tra il governo e l’anima. La tenuta del governo, a costo di perdere l’anima. Perché il tema della moralità, della trasparenza, dell’etica al di sopra di ogni sospetto delle figure pubbliche è questione identitaria, che meno si presta all’opportunismo delle tante giravolte tattiche: la Tav, bandiera di fatto ammainata con l’avvio dei bandi e la prossima sostituzione di Toninelli, la responsabilità europeista già accantonata nella stretta di mano con Salvini dopo il vertice di palazzo Chigi e nell’ipotesi di un gruppo con Farage, il decreto sicurezza approvato dopo la grande resistenza pre-elettorale. Secondo lo schema di contrapposizione e intransigenza morale seguito prima del 26 maggio, oggi sarebbero state lecite alcune legittime domande sul caso Arata, tipo quelle che, qualche settimana fa, il Fatto Quotidiano rivolse a Salvini, in relazione alla natura dei rapporti della Lega con la famiglia Arata. A maggior ragione, adesso che gli inquirenti hanno scoperto i legami con Nicastri e Messina Denaro, sul perché non vengono fornite rassicurazioni sul fatto che i contatti sbandierati da Arata con esponenti locali della Lega non riguardano altri esponenti di governo oltre Siri.

Oggi, sia pur in un silenzio profondo, il fronte di governo ha tenuto. Ma nell’imbarazzo dei pochi che hanno parlato, denunciando la questione morale senza trarne le conseguenze, ci sono già tutti gli interrogativi su quanto possa tenere questa fragile tregua. O se invece sarà scossa nel profondo l’intera organizzazione del Movimento di fronte ad altre voci che potrebbero parlare nei prossimi giorni – dirà qualcosa Fico su una questione così rilevante? O Grillo? – o di fronte alla pressione della propria opinione pubblica, o dei giornali di area, o magari di fronte a qualche comitato di cittadini che in Sicilia farà risuonare l’antico adagio “onestà onestà”, vissuto come un valore non negoziabile. O come, ad esempio, sarà impostata la discussione sulla riforma della Giustizia su cui Salvini oggi ha chiesto di accelerare, proprio con questa “nuova Forza Italia”, soggetta a infiltrazioni nel suo corpo e così reticente nella sua testa. 

L’HUFFPOST

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