Eurogruppo, Tria va senza numeri, Dombrovskis lo gela: manovra correttiva

A Lussemburgo, Tria si presenta da Dombrovskis senza i nuovi dati che, secondo la tesi di Roma, testimonierebbero il rispetto degli impegni presi a dicembre e servirebbero a evitare una manovra correttiva (anche se il ministro continua a parlare di un deficit al 2,1-2,2 per cento, mentre l’accordo con Bruxelles siglato alla fine dell’anno scorso sulla legge di stabilità 2019 conta su una riduzione ulteriore: l’intesa fu raggiunta sul 2,04 per cento). La trattativa è solo agli inizi, insistono i suoi. Ma per ora non ci si incontra: da un lato, la maggioranza dei paesi europei che vogliono la procedura ma allo stesso tempo la temono per le ricadute per può determinare sull’eurozona e per questo spingono per un accordo. Dall’altro, il governo italiano che immagina di poter ricavare margini negoziali più ampi proprio per via di questi timori della controparte europea.

Il punto – come emerge oggi in questo Eurogruppo che non doveva ufficialmente parlare di Italia eppure ne parla come dell’argomento centrale per il futuro di una legislatura europea appena iniziata col voto di maggio – è che tutti vogliono ‘punire’ Roma per un debito che continua a crescere minacciando l’eurozona, ma in molti temono le conseguenze di una eventuale procedura. Sia chiaro: i timori di chi teme le conseguenze – turbolenze sui mercati, spread che schizza in alto – per ora non portano ad escludere la procedura, cioè un percorso forzato di riduzione del debito per i prossimi 5 anni al minimo. Anzi. Ma c’è un gruppo di paesi che sta cercando in tutti i modi di procedere con cautela, alla ricerca di un accordo con Roma: se solo Roma ne offrisse la possibilità.

Lo dice, più o meno chiaramente, la ministra spagnola all’Economia, Nadia Calviño: “È importante un dialogo costruttivo tra Italia e Commissione europea. E’ importante che le autorità italiane agiscano in modo responsabile e costruttivo per tentare di incanalare questo processo nella direzione più positiva possibile, evitando qualsiasi scenario o episodio di turbolenza sui mercati finanziari”. Calviño è esponente di un governo socialista e di un paese che ha dovuto sopportare le cure draconiane della Troika: è preoccupata delle conseguenze di una procedura contro l’Italia, paese del club fondativo dell’Unione, paese tra i più grandi dell’Ue.

Oltre alla Spagna, anche la Germania e il Portogallo sono tra i paesi che più si battono per arrivare ad un accordo con Roma che eviti la procedura. Sarebbe la prima procedura per debito eccessivo nella storia dell’euro, non è un passo di poco conto per tutta l’Unione. E’ vero che Mario Centeno, portoghese, oggi ha messo in chiaro che all’Italia si chiede una correzione della traiettoria del debito, ora e negli anni a venire. Ma parla più da presidente dell’Eurogruppo che da cittadino del Portogallo, paese anche questo appena uscito dalla terapia di austerity.

La Francia per ora è sul ‘ni’: né troppo schierata con le ‘colombe’, né con i ‘falchi’, di cui diremo tra un po’. Domani Emmanuel Macron ne parlerà in un bilaterale con Giuseppe Conte a Malta, a margine del vertice dei paesi del sud Europa. Mentre a Lussemburgo il commissario agli Affari economici, il francese Pierre Moscovici, ne parlerà con Tria domattina presto. Oggi il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire dice: “La Commissione ha fatto un ottimo lavoro con l’Italia, ha teso una mano al governo. Penso che sarebbe saggio da parte del governo italiano prendere la mano tesa della Commissione europea e adottare le misure appropriate per risolvere il problema”.

Il punto è che i timori delle cosiddette ‘colombe’ non arrivano al punto da escludere la procedura. Si limitano a sottolineare che non è roba da prendere a cuor leggero e che siccome la zona euro sembra andare verso una spirale deflattiva, oggi potrebbe toccare all’Italia, domani ad un altro paese europeo. Maneggiare con cura. Ma – ed è questo il nodo – chiedono a Roma dei passi concreti per evitare la punizione: della serie, raggiungere un accordo fa bene a tutti.

Anche perché poi ci sono i cosiddetti ‘falchi’ che invece spingono per la punizione esemplare: se non ora, quando? L’Italia ha un debito che cresce dagli anni ’80, con rare parentesi di leggero calo, potrebbe arrivare al 135 per cento del pil secondo le stime europee, è ora governata da un governo nazional-populista isolato politicamente anche nell’Europarlamento ed escluso dalle trattative sulle future cariche apicali dell’Ue: se non ora, quando?

Il lettone Dombrovskis è un esponente di questa corrente, alla quale si iscrivono l’Olanda, la Finlandia, l’Austria ma anche paesi dell’est come la Polonia e persino l’Ungheria di Viktor Orban, considerato da Salvini un interlocutore privilegiato malgrado alla fine non abbia lasciato il Ppe per unirsi al gruppo dei sovranisti all’Europarlamento. Ebbene, anche nella nuova partita tra Roma e Bruxelles per evitare la procedura, il premier ungherese non si sta spendendo più di tanto per l’amico italiano. Per non parlare degli austriaci dell’Fpo, che ora tra l’altro hanno anche perso il governo del paese in conseguenza dello scandalo sui finanziamenti dalla Russia che ha travolto la leadership del partito.

Una cosa è certa: la scadenza del 9 luglio resta scolpita sulla pietra anche dopo la riunione lussemburghese dell’Eurogruppo. Anche se soltanto alla fine di luglio il governo italiano potrà fornire dati ufficiali sul primo semestre 2019, quanto si è risparmiato per reddito di cittadinanza e quota cento, le entrate fiscali, quelle supplementari da fatturazione elettronica. Per allora, è il calcolo che si fa in ambienti europei, la procedura sarà già scattata. Leggera o pesante, lo deciderà la Commissione entro i primi di luglio: e se vogliamo, questa è una scadenza ancora più stringente. Basta una manovra dello 0,1-0,2 per cento per evitarla: se non sarà ora, potrebbe rendersi necessaria a settembre, a procedura aperta.

L’HUFFPOST

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