Minibot, dannosi e forse inutili: più veloci i pagamenti della Pa alle imprese
Non che il problema sia stato risolto, tutt’altro: il livello di debito
commerciale è ancora quasi doppio rispetto alla media dell’eurozona, e i
tempi di pagamento in media sono più lunghi di una quindicina di
giorni. Ma la situazione è decisamente migliorata. E il 2018 si è
addirittura chiuso con tempi medi in anticipo di un giorno rispetto alla
scadenza, ossia senza ritardi.
I debiti commerciali. Dal 2012 alla fine del 2018,
i debiti commerciali della pubblica amministrazione (dai ministeri alle
Asl, dalle scuole ai Comuni), sono scesi da 64,4 miliardi (il 4% del
Pil) a 51,6 (il 2,9%). Ma di questo stock di debiti, si può parlare di
ritardo solo per 26,9 miliardi: sono quelli per i quali è già scaduto il
termine di pagamento. Come si ricorderà, proprio per i ritardi l’Italia
è stata deferita alla Corte di Giustizia della Ue nel 2017.
L’Italia è rappresentata dalla linea bluI tempi medi di pagamento. Anche su questo versante i
progressi sono notevoli, come testimoniano i dati dello European Payment
Report realizzato da Intrum, una società europea di gestione e recupero
crediti. L’Italia ha dimezzato il tempo medio di pagamento dai 131
giorni del 2016 ai 67 del 2019. Si riduce così il divario con gli altri
Paesi, che ci vede comunque ancora tra i più lenti, se consideriamo i 48
giorni della Francia, i 42 della media europea e soprattutto i 27 della
Germania. Il miglioramento è confermato da un recente monitoraggio del
ministero dell’Economia e dai dati di Assolombarda, secondo i quali le
strutture sanitarie pubbliche che nel 2012 pagavano in media dopo 298
giorni, ora ci riescono in 113.
I ritardi nei pagamenti.
Quel che è conta di più, tuttavia, non è tanto il tempo complessivo che
passa dal momento in cui il servizio è stato fornito, ma quello che
scorre dal momento in cui è scaduto il termine di pagamento, ossia il
ritardo vero e proprio. Ecco l’aspetto più problematico per il nostro
Paese. Ed è proprio qui che assistiamo a una vera e propria svolta. Nel
2016 il ritardo medio ponderato era, secondo il ministero dell’Economia,
di 16 giorni; l’anno seguente si è abbassato a 10 giorni e nel 2018 è
addirittura sparito (ovviamente in media), regalandoci un anticipo di un
giorno rispetto alla scadenza di pagamento, anche se il dato (come fa
notare lo stesso ministero) potrebbe essere rivisto in negativo.
Virtuosi e viziosi. I dati del Tesoro ci
consegnano un quadro estremamente eterogeneo tra le diverse
amministrazioni pubbliche. Regioni e Province autonome fanno meglio dei
ministeri, con un anticipo medio di 5 giorni sulla scadenza della
fattura, contro un ritardo medio di 5 giorni da parte dei dicasteri. Al
vertice dei “cattivi pagatori” troviamo i Comuni con più di 60 mila
abitanti, con un ritardo medio di 12 giorni e con il 66% di
amministrazioni ritardatarie. Ma i risultati cambiano molto anche tra
ministero e ministero e tra Regione e Regione.
A fronte dei 37 giorni di ritardo con cui paga il ministero dell’Interno, e dei 23 della Giustizia, troviamo all’estremo opposto l’anticipo di 25 giorni sulla scadenza del ministero dell’Economia. Le Regioni più virtuose sono la Toscana (con un anticipo di 25 giorni) e il Lazio (23 giorni). Tra quelle inadempienti, il record negativo è detenuto dalla Regione Basilicata (73 giorni di ritardo), seguita da Abruzzo (25 giorni) e Sicilia (18). Stessa forte variabilità tra i Comuni, con Verona, Trento e Bergamo tra i più veloci nel pagare (28, 24 e 18 giorni di anticipo); e Salerno, Alessandria e Andria tra i più lenti (108, 99 e 96 giorni di ritardo).
REP.IT
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