È morto Franco Zeffirelli
Il rapporto con Luchino Visconti e il successo internazionale
Diplomatosi all’Accademia di Belle arti a Firenze, dopo la guerra, diventa scenografo e aiuto regista di Luchino Visconti con cui intrattiene una relazione amorosa andando persino a vivere a casa sua. Ma quando il regista subisce un furto, Zeffirelli finisce in commissariato insieme ai domestici e questo segna la fine del loro rapporto. Nonostante ciò conserverà un buon ricordo di lui: “Per me Luchino era il modello di tutto quel che conta davvero, un uomo complesso, autoritario e umile, egoista e generoso, folle e saggio. Un tormentato Don Giovanni e un aristocratico dal sesso facile”. Visconti, infatti, gli apre le porte nel mondo dello spettacolo e, negli anni ’50, infatti, Zeffirelli esordisce nel ’57 come regista con la commedia Camping, mentre dieci anni prima aveva fatto il suo esordio come attore grazie ad Anna Magnani col film L’onorevole Angelina. L’attrice era arrabbiata con il regista Luigi Zampa perché aveva affidato il ruolo del giovane protagonista a un raccomandato e mentre gridava notò Zeffirelli e lo fece assumere. Un’altra donna molto importante, in quegli anni, è la cantante lirica Maria Callas che dirige a teatro e a cui dedicherà un film semi-biografico nel 2002. “Per me la storia della musica si divide in a.C. e d.C: avanti e dopo di lei”, saranno le parole che Zeffirelli usa per descriverla. La notorietà e il successo internazionale, però, arrivano negli anni ’60, prima col documentario sull’alluvione di Firenze del ’66 e poi l’anno successivo col film La bisbetica domata con Elizabeth Taylor e Richard Burton che è campione di incassi e che vince tre David di Donatello. Nel 1968 gira Romeo e Giulietta con cui Zeffirelli ottiene una nomination all’Oscar e vince il David di Donatello e il Nastro d’argento.
L’omosessualità di Zeffirelli e il suo rapporto con la fede
Nel 1972 è la volta di Fratello sole, sorella luna, ispirato alla vita di San Francesco grazie al quale vince un altro David e un altro Nastro d’argento, mentre nel dicembre del 1974 cura la regia televisiva della cerimonia di apertura del Giubileo. Zeffirelli è, infatti, un cattolico convinto e la sua omosessualità non ha mai danneggiato i suoi rapporti con la Chiesa, sebbene abbia raccontato di essere stato molestato da un prete. “Si rilassò, dopo aver soddisfatto il suo desiderio inconfessato con il semplice contatto del mio corpo… Poi però corse al suo inginocchiatoio piangendo calde lacrime di pentimento”, racconterà Zeffirelli. Il regista è sempre stato molto riservato riguardo alla sua sessualità e ha sempre odiato la parola gay e i Gay Pride: “È l’etimologia. Nasce nella cultura puritana: l’idea che, per bilanciare questa “anomalia”, devi essere simpatico, gaio. E così in America vediamo questa roba da carnevale, si truccano come pagliacci, tutti felici e allegroni, sei così spiritoso e divertente che ti chiamano gay. Una specie di attenuante. Ma si può? Dire a Michelangelo che è gay? A Leonardo? Andiamo, essere omosessuali significa portare un grave peso di responsabilità, scelte difficili: sociali, umane e di cultura”.
Nel 1977 arriva un nuovo successo: Gesù di Nazareth, una coproduzione internazionale per la tivù trasmessa in cinque puntate che, poi, viene ridotta per il cinema. Il film accresce la sua notorietà: “Paolo VI dopo aver visto il mio Gesù di Nazareth, – racconta – mi chiese che cosa la Chiesa potesse fare per me. Gli risposi: ‘Vorrei che quest’opera arrivasse anche in Russia’. Lui mi disse profeticamente: ‘Abbia fede, presto sul Cremlino sventoleranno le bandiere della Madonna al posto di quelle rosse’”. Nello stesso anno, riceve dal Capo dello Stato l’onorificenza di Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
L’ingresso in politica e gli ultimi anni di vita
Negli anni ’80 dirige cinque film tratti da opere liriche e una biografia di Toscanini: Pagliacci, Cavalleria rusticana, La Traviata (il più premiato tra questi) e Otello, che hanno tra i protagonisti Placido Domingo mentre il quinto è Il giovane Toscanini del 1988 con Elizabeth Taylor. Nel 1991 vince il suo terzo David di Donatello grazie al film Amleto che vede Mel Gibson nella parte del protagonista.
Nel 1993 torna al cinema con Storia di una capinera, film tratto dall’opera di Giovanni Verga. L’anno successivo si dedica alla politica e diventa senatore con Forza Italia per due legislature, nel ’94 e nel ’96. Zeffirelli è, infatti, uno dei pochi registi italiani dichiaratamente di destra e, pertanto, indigesto ai radical-chic di sinistra:“Mi odiavano perché non mi accodavo. Addirittura perché credo in Dio. Ma l’odio dei comunisti mi ha solo spinto a fare di più e meglio. Anche se l’ho pagato caro. Non solo con pregiudizi e ostracismi di tutti i tipi – non a caso ho svolto la mia carriera soprattutto all’estero. Contro di me prepararono perfino un attentato. Erano gli anni ’70. Doveva sembrare un incidente automobilistico. La scampai solo perché un amico mi avvertì in tempo”. Zeffirelli, però, resta deluso dalla sua esperienza parlamentare.“Volevo dare il buon esempio della cultura al servizio della società. Non erano i tempi, come non lo sono nemmeno oggi. La politica purtroppo è il lusso dell’uomo qualunque, che crede di poter fare una grande carriera al di là delle possibilità che tutti hanno”.
Negli anni 2000, dopo Callas Forever, dirige il documentario Omaggio a Roma del 2009. Nel 2002 ottiene il David alla carriera e nel 2004 la Regina Elisabetta II lo nomina Cavaliere Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico. In questi anni si occupa prevalentemente di teatro e nel 2012, all’età di 89 anni, dirige il Don Giovanni, la prima opera di Mozart ad essere rappresentata all’Arena di Verona. Trascorre i suoi ultimi anni a Roma in una villa sull’Appia antica di proprietà di Silvio Berlusconi. Il 31 luglio 2017 non partecipa, per motivi di salute, all’inaugurazione del Centro internazionale per le arti dello spettacolo, da lui finanziato e il giorno successivo viene ricoverato per una polmonite.
IL GIORNALE
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