Esplosione controllata di un anno di governo
E questo “caso Genova” è il paradigma di quel che è accaduto in Italia nell’ultimo anno, dal crollo all’esplosione controllata del Ponte. Il senso di un mutamento della legislatura, della politica, delle sue connessioni sentimentali. Ricordate i giorni dei funerali, con i fischi (mai corretti da nessun applauso) alla delegazione del Pd, che si presentò a ranghi ridotti in quell’occasione, timoroso della reazione di un popolo che gli aveva voltato le spalle e asserragliato in una realtà virtuale fatta di politicismo, rimozioni e fughe. Anche da una città simbolo della sinistra: l’antifascismo, le manifestazioni contro il governo Tambroni, la rivolta dei “camalli” che impedirono il congresso di Almirante, Pertini che arringa i portuali, tutta immagini di una storia. Ricordate gli applausi (mai corretti da nessun fischio) al neonato governo “populista”, che le ragioni della rivolta le aveva comprese e intercettate, verso cui furono riversate aspettative, fiducia, speranza, proprio perché non appariva il simbolo di un establishment corresponsabile dei disastri italiani. Solo un anno dopo il Pd, che pure faticosamente ha abbandonato l’Aventino sul quale si era relegato, appare però ancora timido e timoroso di fronte alla materia bollente delle emozioni collettive, magari non dei fischi.
Come impacciato, quasi fuori contesto rispetto al mood collettivo è il M5s, il partito che, un anno fa, aveva intercettato il calore dei sentimenti. Prima ancora del gelo con Salvini, del clima da separati in casa, ennesimo capitolo di una soap fatta di silenzi e riappacificazioni, e foto che alimentano una “narrazione” artatamente costruita, c’è il senso di una presenza, quella di Di Maio, resa “stonata” dalla gestione del dossier, con i consiglieri comunali di Genova che si sono astenuti sulla demolizione del ponte, per poi alimentare proteste contro polveri e inquinamento. E con le parole di Toninelli, assente anche lui, che solo settimana fa ha incontrato i residenti della “zona arancione” esprimendo contrarietà all’uso dell’esplosivo, tranne poi eccitare le aspettative sulla consegna nel nuovo Ponte entro il 2020, obiettivo certo auspicabile ma su cui sarebbe forse necessario un approccio ispirato a un maggiore realismo.
Come accaduto qualche giorno fa con l’assegnazione delle Olimpiadi – non sia considerato blasfemo il paragone – l’accoglienza a Salvini e Toti – i selfie e i bagni di folla nei cantieri una volta feudo della Fiom – non rientrano nella categoria di “successo mediatico”, ma sono qualcosa di più profondo e sostanziale, che riguarda, appunto, l’impatto che le vicende concrete hanno sulle leadership politiche, nella misura in cui hanno la capacità di occuparsi del merito di stabilire una “connessione sentimentale” col paese. Parliamoci chiaro: al netto di tutte le chiacchiere politiciste su primarie, scenari geometrie future del centrodestra, del profilo “nazionale” di Giovanni Toti non si parlerebbe neanche se fosse andata male questa storia di Genova e se non avesse avuto la capacità di gestire l’emergenza e l’emozione, senza circoscriverla solo alla denuncia e alla celebrazione. Di Toti e del sindaco di Genova Marco Bucci, i due commissari, il cui lavoro di questi mesi è oggettivamente il simbolo di un pezzo di Italia che funziona, concreta e operosa, pragmatica e non ideologica, capace di “allargare” in nome dell’obiettivo, con la difesa, ad esempio, del progetto di Renzo Piano, proprio come sulle Olimpiadi si è costruito un fronte ampio e trasversale. Basta ripercorrerlo, sia pur sinteticamente, questo elenco all’insegna della celerità, per supportare il giudizio: le case consegnate agli sfollati in due mesi, in anticipo sulle previsioni, gli interventi per alleggerire il traffico cittadino con l’apertura di nuove strade, le riaperture delle linee ferroviarie a un mese dal crollo per merci e persone, le agevolazioni per cittadini e imprese, il potenziamento delle prestazioni sanitarie, il pragmatismo sul tema delle concessioni ad Autostrade, perché è evidente, dopo un anno di carteggio tra Mit e Autostrade, che il pagamento delle esorbitanti penali rischia solo di rallentate la ricostruzione dell’opera.
Anche Genova fotografa un nuovo centrodestra la cui cultura del fare stona, si è visto nella polemica odierna proprio su Autostrade, rispetto all’immobilismo del governo, con un partner che oscilla tra annunci e veti. Come sulla ri-costruzione del Ponte, promessa da Toninelli entro il 2020, senza che sia stato ancora sciolto il nodo Autostrade. Sarebbe un record, certo auspicabile, ma complicato. Per ora il cronoprogramma è stato rispettato. Ma è anche vero che la parte più complicata inizia ora. E proprio quella che necessita di maggior pragmatismo di governo.
L’HUFFPOST
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