“Recupero sospetto”. Ecco il nuovo fronte per la comandante
Patronaggio conferma che i porti libici «non sono da considerare sicuri». A Tripoli continua la guerra per il controllo della capitale nonostante le recenti sconfitte del generale Haftar. Secondo il procuratore «il pericolo maggiore sono gli sbarchi fantasma, perché con questi arrivano persone con problemi giudiziari e pure chi potrebbe avere legami con organizzazioni terroristiche come l’Isis». Il suo sostituto, Salvatore Vella, si sta concentrando sull’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il 9 luglio la comandante della Sea Watch verrà interrogata. Il Giornale è in grado di ricostruire quello che non quadra nel recupero dei 53 migranti al largo della Libia. Gli inquirenti vogliono capire, prima di tutto, se la presenza della nave «umanitaria» nella zona di ricerca e soccorso libica (Sar) sia giustificata o meno. Alle 9.53 del 12 giugno, l’aereo Colibrì, dei Piloti volontari francesi finanziato Sea Watch, avvista un gommone a circa 35-40 miglia dalla costa in zona Sar di Tripoli. Come ha fatto a trovarlo in mezzo al mare? Il primo punto oscuro è l’attesa di almeno un’ora prima di dare l’allarme. Questo lasso di tempo permette l’avvicinamento dei migranti a Sea Watch 3. Secondo la capitana la Guardia costiera libica non ha assunto subito il coordinamento del soccorso. Da Tripoli replicano che «l’abbiamo fatto prima che iniziassero le operazioni di recupero da parte della Ong».
Carola dichiara di «avere lanciato due gommoni veloci» per andare incontro ai migranti. Il sospetto è che l’abbia fatto per prevenire l’arrivo della motovedetta libica. I tedeschi intercettano i migranti alle 12.30 e per Sea Watch «il gommone è in difficoltà, senza strumenti di navigazione, con poco carburante e sovraffollato». In pratica sta affondando. In realtà la stessa Ong ha twittato una foto, quando è arrivata la motovedetta Talil salpata da Zawhia, che mostra il gommone con i tubolari belli gonfi, senza problemi di navigabilità. A bordo si notano diverse taniche in plastica per il carburante. La Sea Watch ha già caricato i migranti comprese nove donne e due bambini. Ai libici non resta che tornare indietro a mani vuote.
Dopo il recupero la capitana chiede di sbarcare i migranti «in un porto sicuro» rifiutando l’offerta libica. Bene, ma la nave si trova a 69 miglia da Zarzis, in Tunisia, a 48 da Tripoli e 124 da Lampedusa. La capitana non prende in considerazione l’idea di dirigersi in un porto tunisino, ma punta dritta l’Italia. E ora, dopo l’ennesimo sequestro, i talebani dell’accoglienza di Sea Watch annunciano che schiereranno una nuova nave. Probabilmente grazie al milione e 200mila euro raccolti nel caso Carola.
IL GIORNALE
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