La Duma di Salvini
Parliamoci chiaro, al netto degli spin da catastrofe imminente e della narrazione, sapientemente alimentata dal capo della Lega, del “siamo nelle mani del buon Dio”: non si è mai visto un governo che incassa la fiducia il mercoledì su un provvedimento rilevante, divisivo, ad alto impatto simbolico e politico, come il decreto sicurezza, e cade nei giorni successivi, dopo aver dimostrato di avere una maggioranza in Parlamento, non si capisce su cosa e come. Magari, spifferano i professionisti del “così non si riesce ad andare avanti”, sulla madre di tutte le battaglie dei governatori nordisti, l’autonomia, su cui il capo della Lega non ha ancora detto una sola parola. Già, un silenzio che rivela la grande abilità tattica propria di chi lascia che monti la rivolta del Nord contro “quelli che dicono no”, ma non forza su un provvedimento incompatibile, così com’è, con l’ambizione di un leader impegnato a costruire una forza “di massa”, si sarebbe detto una volta, al Sud.
Il fatto – un sapiente registra non avrebbe saputo costruirlo con questa perfezione scenica – è che il giorno in cui il premier andrà in Aula per la sua “informativa istituzionale” sul Russiagate, i titoli saranno innanzitutto sull’ennesimo successo di Salvini che incassa, senza alcuna modifica, la sua “arma finale” per la battaglia navale contro le Ong. È un provvedimento, questo è il punto politico, i cui effetti non sono da scoprire ma si sono già visti, in queste settimane di tensione in cui ogni nave di disperati è diventata l’occasione per accendere la giostra della propaganda contro l’egoismo dell’Europa, in un gioco cinico in cui conta l’allarme più che la soluzione per un ministro che continua a disertare i vertici europei in materia, l’indicazione del nemico più del governo dei flussi, la semina dell’odio più che la cultura del governo.
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