Matteo Salvini, Antonio Socci: “Perché i compagni perderanno sempre”
Per approfondire leggi anche: Numeri, gli ultimi sondaggi
Differenze – È vera l’ analisi di Polito, ma ci
sono alcune grandi differenze fra i tre. Anche contro Renzi si saldò
alla fine un fronte politico trasversale, ma Renzi aveva il sostegno di
quasi tutti i media e anche delle cancellerie straniere (scusate se è
poco). Berlusconi aveva dalla sua almeno una parte dei media (a quel
tempo non c’ erano i social).
Salvini – oltre al partito trasversale
antisalvini – ha contro di sé quasi tutti i media, moltissime
cancellerie straniere e tutte le élite (perfino le élite clericali) che
lo detestano.
Inoltre sia Berlusconi che Renzi detenevano un potere reale, come capi del governo.
Salvini no, è ancora (solo) ministro dell’ Interno e in Parlamento la Lega ha tuttora (solo) il 17 per cento.
Anche
se nel Paese si avvicina al 40 per cento (come hanno dimostrato le
europee), questo consenso e questa forza restano potenziali nell’
equilibrio parlamentare di oggi e state certi che tutti faranno in modo
che non possa conseguirlo nelle urne.
Trovarsi accerchiati dal
partito del “Tutto Tranne Lui” può avere un beneficio immediato nel
catalizzare consensi, nel polarizzare le tifoserie, ma è sempre da
evitare.
Un politico dovrebbe scongiurare ad ogni costo la saldatura
di tutti gli avversari in un fronte unico contro di lui. Perché è la
premessa della disfatta. La storia insegna.
Bisogna sempre rompere l’
accerchiamento, scombinare i giochi, cercare alleanze e sorprendere gli
avversari. Bisogna essere leone, ma anche volpe insegnava Machiavelli.
C’
è un’ ultima cosa da chiedersi. Questa personalizzazione della politica
è una cosa positiva? No. È disastrosa per il Paese, perché trasforma
tutto in teatro, in baruffe personali, in battibecchi, impedendo di
parlare dei problemi veri, delle idee, delle proposte e degli interessi
del Paese. Quello che gli italiani vorrebbero vedere è un confronto
serio sulle diverse proposte e le idee per il nostro Paese.
Autocritica – L’ eccessiva personalizzazione deriva
in parte dalla sparizione delle grandi culture politiche della prima
Repubblica che avevano dato vita a “forme partito” in cui l’ identità
ideale non era mai identificata in uno solo.
Ma deriva anche dalla
pessima propensione della Sinistra italiana alla demonizzazione dell’
avversario, quindi alla trasformazione della battaglia politica in
guerra di liberazione contro il Nemico. È una storia antica che si è
vista anche nella prima Repubblica (basti pensare al caso Craxi).
L’
area ideologica marxista, così forte nella nostra storia, dal
dopoguerra, per decenni, nelle sue diverse articolazioni politiche, o ha
teorizzato “l’ odio di classe” o ha praticato l’ odio politico verso
gli avversari. In questo senso al PD, che è erede della Sinistra, e a
quei suoi dirigenti che provengono dal Pci e che continuano a
demonizzare gli avversari politici come una sorta di “partito dell’
odio”, andrebbe detto, serenamente, che l’ Italia sta ancora aspettando
una vera riflessione autocritica di chi ha partecipato alla storia del
comunismo. Non è ancora venuta l’ ora di rinnegarla e condannarla?
Ovviamente
di individui odiatori ce ne sono dappertutto, perché l’ uomo purtroppo è
così (e c’ è solo il Vangelo che può convertirne il cuore).
Ma la
politica non si occupa di individui, bensì di partiti e ideologie. E se è
vero che tutte le parti devono guardarsi dal fomentare l’ odio,
difficilmente può dare lezioni chi proviene da una certa storia (non
rinnegata) e chi pratica da sempre la demonizzazione dell’ avversario.
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