Non sottovalutare l’Isis
In questo contesto, la minaccia all’Europa “resta alta”. Nel rapporto gli esperti del Palazzo di Vetro dipingono uno scenario alquanto preoccupante dei movimenti islamisti a livello globale, che continuano a rappresentare una minaccia significativa, e sottolineano in particolare che circa 30mila combattenti che si erano uniti al “califfato” sono ancora vivi.
“Le loro prospettive future preoccupano a livello internazionale nel breve periodo. Alcuni – si legge nel documento datato 15 luglio e che si base sulle informazioni fornite dalle agenzie di intelligence dei diversi Paesi membri dell’Onu – potrebbero unirsi ad al-Qaeda o potrebbero emergere altri brand internazionali. Alcuni potrebbero diventare leader o dedicarsi alla radicalizzazione”.
Nel rapporto si sottolinea ancora come ci sia accordo sul fatto che, sebbene il califfato dello Stato islamico non esista più a livello geografico, non siano venuti meno i fattori che hanno portato alla sua nascita, cosa che rende la minaccia sua o di al-Qaeda ancora attuale. Anche per questo, nonostante dal 2015/2016 ci siano stati meno attacchi sanguinosi, la minaccia in Europa “resta alta”. Un grande elemento di preoccupazione è la radicalizzazione in prigione di “detenuti vittime di emarginazione, frustrazione, povertà, bassa autostima e violenza”, oltre all’imminente rilascio della prima ondata di foreign fighters arrestati dopo il loro rientro dal califfato.
Secondo il rapporto, “i programmi di deradicalizzazione non si sono dimostrati pienamente efficaci… I combattenti più duri condannati a pene più lunghe non sono ancora vicini al rilascio, restano ancora pericolosi e continuano a porre una minaccia sia all’interno che all’esterno del sistema penale”. Secondo i Paesi europei, circa 6mila dei loro cittadini sono andati in Siria e Iraq per combattere al fianco dell’Isis o di altri gruppi terroristici. Circa un terzo sono stati uccisi, mentre un altro terzo si trova nella regione o si è spostato, in duemila circa sono tornati in Europa.
Il rapporto rivela poi che lo Stato islamico ha ancora accesso a fondi che vanno dai 50 ai 300 milioni di dollari, quello che resta delle entrate del califfato degli anni scorsi, mentre continua a usare la propaganda per mantenere alta la sua reputazione come principale brand terroristico del mondo, il cosiddetto ‘califfato virtuale’. “Quando avrà il tempo e lo spazio per reinvestire in capacità operative esterne – avverte il rapporto – l’Isis ordinerà e faciliterà attacchi internazionali, in aggiunta a quelli ispirati dall’Isis, che continueranno ad avvenire in molti luoghi nel mondo. L’attuale diminuzione di questi attacchi, comunque, potrebbe non durare a lungo, forse neanche fino alla fine del 2019”.
Il documento, infine, precedente alla notizia diffusa da fonti americane tre giorni fa della morte di Hamza bin Laden, indicato come potenziale leader di al Qaeda, sottolinea che il gruppo fondato da Osama resta “resiliente”, ma poi sottolinea le cattive condizioni di salute dell’attuale capo Ayman al-Zawahiri. Lupi solitari più foreign fighters di ritorno. Una miscela esplosiva per l’Isis 2.0. La storia sembra ripetersi, ieri per al Qaeda, oggi per Daesh.
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